Procuratie Vecchie

Questa fabbrica circonda la Piazza San Marco, dal lato della Torre dell’Orologio.

Mancano dati precisi sulla sua epoca della fondazione, nè si conosce quale fosse il primo architetto, il cui nome rimane involato alla gloria del pur evidente suo merito.
La primissima idea usciva dal genio di Sebastiano Ziani, che cominciò a mettere amore a quel sito, comperando il terreno dalle monache di San Zaccaria, ed ornando il circuito di case, con colonne alle finestre, a foggia di corridore, per cui si girava da tutti i lati, e narrano anche autori sincroni, che le recenti magioni avevano le stanze traforate da archi e con logge.
Avendo poi disposto il Senato che i procuratori abitassero sulla Piazza, ne venne la necessità di far sorgere ivi una fabbrica per la continua loro residenza.
In appresso, come abbiamo da memorie del Gallicciolli, precisamente nel 1365, Domenico Gaffaro, vescovo di Cittanova, a pievano di San Basso, faceva un contratto coi procuratori, per la permuta delle case sulla Piazza, di proprietà di quella Chiesa, e si eressero le procuratie, mediante il pagamento al detto Gaffaro di L. 6465, ad grossos de imprestis.
L’architettura spicca in tre ordini, con porticato di cinquanta arcate, e doppia serie di archi minori nel secondo e nel terzo, con cento e dieci finestre per fila, e due colonne canalate per ognuna, adorne di capitelli corinti, aventi gli archi sopra di esse impostati.

 

Piazza San Marco, Venice

Ogni piano ha ricorrenza di trabeazioni; nella parte superiore sono rotonde le finestrelle del fregio, e da gran serie di acroteri e di vasi è la sommità coronata a foggia di merlatura.
Certamente il disegno dev’essere stato concetto di qualche splendido disegno; l’esecuzione si condusse con fine accortezza di vedute, e con magistero d’arte.; le grandiose masse di trabeazioni, frapposte alla somma leggerezza ed eleganza delle arcate, fanno a così dire un gradevole contrasto all’occhio, che senza fatica comprenda a prima giunta le relazioni delle parti fra loro.

I profili sono le parti ornamentali, che si risentono di magrezza, la quale in quel secolo non era vinta per anco, come lo fu più tardi, secondo sentenzia il Cicognara, mercè lo stile più largo nelle operer del Sansovino e Palladio. Infatti lo sguardo dell’arte vede ben lontana questa opera dalla stagione in cui i grandi maestri fiorirono.

Tommaso Temanza sarebbe d’avviso che fosse d’aggiudicarsene l’idea a Bartolomeo Bon; quindi fosse anteriore al 1495, e si terminasse la mole sino al secondo ordine nel 1500, vedendosi nella pianta di Venezia del Durer disegnate queste procuratie, con soli due ordini. Ma sarebbe da contrapporre all’argomento, che appunto dall’essere disegnata la fabbrica nel Durer si può inferire che si architettasse anzi prima del 1500. Avvertasi che il Bon, nel 1496, viaggiava, quale ammiraglio, insieme al generale di mare Marcantonio Trevisan, nell’Adriatico e nel Mediterraneo. Ed aggiungasi, che quando Pietro Lombardo, pochi anni dopo il 1500, ordinava le fabbriche laterali all’Orologio, si demolivano gli archi del primo ordine, i quali arrivavano da presso di quello, ne pare ammissibile che si demolissero le arcate, se fossero state costruite di fresco. Indurrebbe anche ad assegnare a questo edificio un ‘epoca più antica della presunta, il silenzio stesso di Marino Sanudo e del Sansovino.

E’ pertanto desiderabile, che sorga taluno a decifrare, se l’architetto dei due ordini sia il medesimo, e quale sia quello del terzo.
Certamente l’artista deve essere stato grande conoscitore della statica, poichè inconcussa è le solidità che dimostra l’edificio e per cui seppe resistere alle infinite interne alterazioni, fino a quando passarono le procuratie, come sono attualmente, in proprietà di privati; le quali innovazioni furono tali e tante, da non conservar la fabbrica altra unità che della facciata.

Quivi abitavano i primi benemeriti della città, i principali ministri dello Stato, quali erano i Procuratori di San Marco, che avevano l’ufficio di amministrare le sostanze delle commissarie, ed erano i guardiani del Maggior Consiglio, ed i fabbricieri della Basilica di San Marco; la loro dignità riverivasi in alto grado e le feste, per essi fatte nell’elezioni, equivalevano a quelle delle vittorie.
Ebbero in queste soglie residenza Francesco Foscari, appena quarantenne, regale di animo e di aspetto, divino nella eloquenza del foro, e nella carità della patria, Nicolò MarcelloAndrea VendraminPietro Loredan, di sì grande autorità che per sedare un tumulto insorto nel popolo, per una supposta vittoria, bastò solo, di contro a 3000 persone, scendendo dalle procuratie nella Piazza.
Essendo stata sempre massima del Governo di non aggravare i sudditi nelle occasioni di guerre, se anche per esse difendevasi lo Stato, si alienavano i propri fabbricati, per dar rinforzo all’erario, e quindi in una di tali distrette spogliavasi la Repubblica del possesso di questo edificio.
Anche da privati si conservò però il monumento con religioso rispetto: vi fecero dimora la Giustina Michiel, autrice delle Feste VenezianeLeopoldo Cicognara, autore della Storia della scultura e della calcografia.

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Testo basato sull’originale diCento tra i Palazzi più celebri di Venezia – Giovanni Jacopo Fontana – 1865

 

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Testo basato sull’originale diGuida alla città di Venezia – U. Pizzarello, E. Capitanio – 1990

Categoria: Palazzi