24 luglio 1171 La Pace di Venezia

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Nell’ anno 1177 Venezia ebbe il riconoscimento da parte di tutta l’ Europa di essere uno Stato libero e sovrano alla pari di tutti gli altri Stati Europei, e tale riconoscimento lo si ebbe con la famosa “Pace di Venezia” fra il Papa Alessandro III e Federico di Hoenstauffen detto il Barbarossa, pace di cui la Serenissima ne fu l’ artefice.

Ma questa “pace” ebbe dei cosiddetti preliminari che anche la Storia ufficiale riconosce, oltre a degli altri risvolti “agiografici” e leggendari che unicamente per la tradizione verranno narrati.

Innanzitutto iniziamo con il conoscere i tre principali protagonisti: il Papa Alessandro III, l’ Imperatore Federico di Hohenstaufen detto il Barbarossa ed il Doge di Venezia Sebastiano Ziani.

Alessandro III, al secolo Rolando Bandinelli da Siena, era di umili origini, acquistò fama quale insegnante di scienze giuridiche a Bologna e fu ordinato Cardinale nel 1150 da Adriano IV, che lo volle come consigliere nelle spinose faccende con l’ impero. Si attirò le ire del Barbarossa quando, alla Dieta di Besançon, espose la sua dottrina sui rapporti tra la Chiesa e Papato e l’ Impero.

Eletto Papa nel 1159 dalla maggioranza dei Cardinali, si scontrò subito con i seguaci dell’ Impero, che gli contrapposero l’ antipapa Vittore IV, il Cardinale Ottaviano.

Alessandro fugge da Roma, sostenuto da Inghilterra, Francia, Spagna e gran parte dell’ Italia. Ripara a Ninfa, ospite dei Frangipane, da lì a Terracina mettendosi sotto la protezione del re Normanno Guglielmo.

Era lo scisma.

In seguito Alessandro ripara ad Anagni e quindi a Tours, dove indice un Concilio per il maggio del 1163, e vi riscontra un’ enorme successo e quindi viene riconosciuta la sua sovranità. Quindi rientra a Roma.

Vittore IV si ritira in Germania, sotto la protezione del Barbarossa, il quale scende in Italia per riporlo sul Seggio. Ma Vittore IV il 20 aprile del 1164 muore a Lucca, ed i seguaci dell’ Impero gli pongono come successore Pasquale III, il Cardinale Guido da Crema.

A conferma di tale fatto, l’ Imperatore continua la sua discesa in Italia e e costringe Alessandro a fuggire nuovamente da Roma che ripara a Benevento, sotto la protezione dei Normanni.

Pasquale, per compiacere l’ Imperatore che voleva esaltare quel sovrano come il più alto simbolo dell’ impero germanico, canonizza Carlomagno.

Le città Venete intanto si stringono in una Lega a Verona, vi partecipano: Verona, Vicenza, Treviso, Padova, Este, Castelfranco, e via via anche le altre minori.

Milano ricostruisce le sue mura e Venezia dà il suo appoggio.

Federico entra in Roma il 22 luglio del 1166, ed il suo Papa gli pone nuovamente sulla testa la corona imperiale. Poco tempo dopo si abbatte una terribile pestilenza sulle sue truppe; quindi una rivolta capeggiata dai Pierleoni e dai Frangipane lo costringono a intraprendere la via del ritorno.

Federico viene sconfitto dalla Lega delle città Venete e, attraverso il Moncenisio e protetto dal Conte di Savoia, rientra in Germania, da dove prepara un poderoso esercito per riprendersi l’ Italia.

Da allora l’ astro di Alessandro III inizia la sua luminosa parabola ascendente non solo dal celo di Roma ma anche dalle città d’ Italia: la Lega dei Comuni si allarga e vi entrano a far parte anche le Città Lombarde e Bologna. E’ il celebre giuramento di Pontida del 7 aprile del 1167. Viene accolto al nord Italia e proclamato protettore della Lega e in suo onore viene fondata, tra il Tanaro e la Bormida, la citta di Alessandria.

Il 20 settembre 1168 muore anche l’ antipapa Pasquale, e il partito imperiale si da subito un successore nella persona dell’ abate Giovanni di Strumi, presso Arezzo, con il nome di Callisto III.

Federico lo riconosce subito e ritorna in Italia per la quinta volta, tentando di isolare Alessandro e soprattutto cercando di isolarlo dalla Lega dei Comuni. Tenta di distruggere Alessandria, ma invano. Viene affrontato dai confederati della Lega, che sarebbe molto più giusto chiamarla “LEGA LOMBARDO – VENETA”, capitanati dal Condottiero Alberto da Giussano, sull’ Olona, nei pressi di Legnano, il 29 maggio del 1176, e la loro fanteria, stretta attorno al Carroccio, riesce a sconfiggere la sua pesante cavalleria: Federico si salva a stento.

Allora si rivolge direttamente ad Alessandro, rifugiatosi in Anagni, per trattare la pace. Siamo nell’ ottobre del 1176.

Nel maggio dell’ anno successivo queste trattative hanno uno sbocco concreto con l’ apporto dei Veneziani.


Federico I di Hohenstaufen detto il Barbarossa, ( ? 1122 – muore in Selef, Asia minore nel 1190) Duca di Svevia, di parte Guelfa, divenne tale alla morte del padre. La morte di Corrado III, suo zio, gli aprì la strada al trono. Quindi venne eletto Re di Germania dalla Dieta di Francoforte il 4 marzo del 1152, ed incoronato ad Aquisgrana. Mirò subito al ristabilimento del potere imperiale sia in Germania che in Italia. Riuscì ad appianare i contrasti con la marca di Tuscia, di Spoleto e dell’ Austria, quindi della Baviera e della Sassonia. Scese in Italia una prima volta nel 1154, chiamato dai Comuni di Como e Lodi, in quanto questi si erano ribellati a Milano che li aveva sottomessi.

Nella pianura di Roncaglia, nel Piacentino, convocò una Dieta generale dove non mancò nessuno: neppure i Milanesi, e tutti si apprestarono a riconoscere la sua autorità.

E’ da notare che diverse città si erano ribellate sotto l’ influenza delle prediche di Arnaldo da Brescia, il frate che poi venne preso da Federico e consegnato al Papa il quale lo arse e fece gettare le ceneri nel Tevere.

Giunto a Roma, si fa incoronare Imperatore dal Pappa Adriano IV, ma non prosegue la sua avanzata contro i Normanni, pur se richiestagli dall’ Imperatore di Costantinopoli, Comneno. Qundi ritorna in Germania.

Durante la dieta di Besançon si scontra fortemente, unitamente al Cancelliere imperiale Rainaldo Da Dassel, con il messo del Papa – Rolando Bandinelli – poiché egli sostiene la tesi della dipendenza feudale degli imperatori dai papi. Inizia così la lunga lotta fra impero e papato.

Nel luglio del 1158 torna in Italia ed iniziano nuova lotte. Questa nuova discesa fu causata dalle discordie con il re delle due Sicilie, il normanno Guglielmo, e dalle nuova ribellione di Milano. Conquistò Trezzo e iniziò la ricostruzione di Lodi che nel frattempo era stata distrutta dai Milanesi. Quindi accerchiò e affamò Milano (il 6 agosto), la quale fu costretta a cedere (il 7 settembre).

Dopo di che venne incoronato re d’ Italia a Monza, quindi licenziò una parte delle sue truppe.

Ma nuove burrasche si addensavano sul nord Italia, e Federico distrugge Crema, che gli si era ribellata, dopo una lunga ed estenuante battaglia. Quindi richiama le sue truppe dalla Germania.

Intanto viene eletto Papa il Bandinelli, nel 1159, e prende il nome di Alessandro III.

Francia, Inghilterra, Spagna, Venezia si dichiarano per Alessandro, e poi si aggregano anche i Milanesi.

Alla fine del 1161, le truppe Tedesche arrivano in Italia attraverso il Firuli, per Chiavenna, dal Gran S. Bernardo e dal Trentino. Strige d’ assedio Milano e il 1 marzo del 1162 la conquista: la rade al suolo e la incendia e distrugge il Carroccio.

Prevalendo la sua potenza in Italia, Alessandro III si trasferisce in Francia, ed i Veneziani, che erano suoi sostenitori, si trovano ad essere esposti alle angherie dell’ Imperatore.

I Veneziani si alleano con l’ Imperatore Manuele Comneno e con Guglielmo di Napoli; Federico eccitò loro contro i Comuni di Genova, Mantova, Ferrara, Treviso, Padova, Verona. Quindi torna in Germania per allestite un grosso esercito.

Nel frattempo, visto l’ allontanamento dell Imperatore dall’ Italia, Alessandro torna a Roma e da lì ringrazia i Veneziani che nel frattempo avevano dato asilo ai Vescovi e ai Cardinali che erano stati scacciati dagli scismatici: ma lo scisma continua.

Ma i Comuni si erano nuovamente ribellati !!!

Allora si costituiscono nuovamente in Lega, detta “Veronese”, alla quale si aggrega, oltre che Verona, Vicenza, Padova, Treviso anche “la dotta, la savia Venezia”: è il 17 aprile 1167.

Con la costituzione della Lega Veronese si aggiunge poi anche la Lega Lombarda, il 1 dicembre dello stesso anno, con le città di Ferrara, Brescia, Milano, Lodi, Piacenza, Parma, Modena, Bologna, Novara, Vercelli, Reggio, Asti, e Tortona.

Quel giorno viene ricordato come “il giuramento di Pontida”.

Quindi Federico torna nuovamente in Italia nel 1175, dove cerca invano di conquistare Alessandria.

Si ritirò in Pavia, dome attese i rinforzi dalla Germania, quindi postosi alla giuda delle sue truppe nel maggio del 1176, inizia la battaglia. Era il sabato 19. I Confederati della Lega trassero fuori il Carroccio e prima di iniziare la battaglia si inginocchiarono, pregarono, poi spiegati gli stendardi mossero incontro agli imperiali. Dapprima si sbandarono, ma subito dopo la “Compagnia della Morte”, rinnovando ad alta voce il suo giuramento, accorse e respinse con tanta furia i tedeschi che giunse perfino a prendere lo stendardo imperiale. Lo stesso Federico fu sbalzato da cavallo e a stento scappò alla morte.

Tale fu la battaglia di Legnano.

Dopo questa celeberrima battaglia Federico Barbarossa, spossato dalle lunghe guerre e dall’ aver contro tutti gli Stati Europei, volle iniziare serie trattative di pace. A tale scopo inviò dei messi, con a capo il Vescovo Eberardo di Bamberg, a cercare il Papa per trattare la detta pace.


E’ qui necessario aprire una parentesi per narrare il motivo della pesante sconfitta del Barbarossa.

A quei tempi gli eserciti erano formati quasi esclusivamente dalla cavalleria, tanto più che il numero dei cavalieri non si contavano a “cavalli o cavalieri”, bensì a “lance”. E la vera e nuova arma di quel giorno fu la “Fanteria”, considerata allora l’ arma della plebaglia o dei “famigli”, ma da allora divenne la “regina” delle battaglie.

Dunque: ogni cavaliere, che era sempre un nobile (dal grado di Cavaliere e su sa fino a Duca) aveva con è almeno altre tre persone al seguito: un “Palafreniere”, un “servente o stalliere” ed un “servitore”, assieme venivano chiamati i “famigli”. Il primo era, diciamo, il suo scudiere o braccio destro ed era addetto alle armi, il secondo era quello che sovritendeva la cavallo, il terzo era un’ inserviente. I cavalieri che avevano più possibilità finanziarie ne avevano anche altri.

A loro volta i cavalieri si associavano in “Compagnie”, formate da almeno una quindicina di personaggi e tutto col loro seguito; ogn’ una di queste “Compagnie” avevano al seguito i “carriaggi”, ossia dei carri contenenti le “lance” e le armi di riserva, i finimenti per i cavalli, i fornelli sia per i cibi che per l’ uso dei maniscalchi, ecc. ecc.

Pertanto, è logico che ogni “mille lance”, contassero almeno 4 – 5mila uomini.

La Cavalleria si disponeva in battaglia a “schiera”, ossia un’ esercito di fronte all’ altro, ed iniziavano al galoppo per arrivare ad una carica veloce al termine della quale lo schieramento era andato all’ aria! Ogni cavaliere si sceglieva l’ antagonista, e si scagliava contro di lui a lancia in resta per disarcionarlo; chi cadeva era sconfitto; se cadevano tutti e due, davano di mano alle spade o alle mazze.

Chi rimaneva sul terreno, era lo sconfitto. E qui entravano in scena i famigli: quelli del vinto, se morto, portavano via il loro signore, quelli del vincitore ne raccoglievano le armi come bottino; se lo sconfitto rimaneva vivo, il vincitore lo faceva prigioniero, ed in seguito chiedeva un riscatto alla famiglia per la sua liberazione.

Quel maggio del 1176, i confederati della Lega Lombardo – Veneta, avevano escogitato una brillante strategia rivelatasi vincente.

Costruirono un’ enorme carro, chiamato “il Carroccio”, trainato da sei paia di buoi bianchi, e sopra di esso vi installarono un’ altare; attorno all’ altare sistemarono gli scudi delle città confederate ed innalzarono uno stendardo bianco con la croce rossa dei crociati, quale punto di riferimento. All’ altare diversi sacerdoti dicevano la messa e benedivano continuamente i confederati. Attorno al Carroccio, l’ arma vincente: la Fanteria. Come già detto, essa era considerata l’ arma della plebe, in quanto combatteva con forconi, falci, bastoni, ecc. Ma quel giorno era stata dotata anche da delle lunghissime aste e tenute nascoste. Erano migliaia e migliaia di contadini, di abitanti delle varie Contrade stanchi delle vessazioni dei Germanici, tutti armati alla meglio, ma molto determinati.

Innanzi a loro la cavalleria del Da Giussano.

La pesante cavalleria Germanica si precipita loro addosso, ed essi si difendono debolmente e si sparpagliano per ritrovarsi in un posto prestabilito.

A questo punto entra in scena la Fanteria: fissano sul terreno le lunghe lance ed aspettano l’ irrompere della cavalleria: la prima fila si infigge direttamente sulle lance, perché impossibilitata di fermarsi in quanto sospinta dalle ondate successive di cavalieri. A quel punto è un gioco per i Confederati sterminarli: si avventano contro di loro con ogni arma possibile e ne fanno una strage. Quelli che cercano la via di fuga, vengono soprafatti dalla cavalleria di Da Giussano che, ricostituitasi, si avventa contro quello che rimane dell’ esercito del Barbarossa.

E’ una sconfitta totale e bruciante. Non gli rimane che chiedere la pace.



Il Doge Sebastiano Ziani, XXXIX della serie dei CXX che furono Principi di Venezia.

Va inteso che, essendo Venezia un Repubblica, il Doge non agisce per conto proprio come l’ Imperatore e/o il Papa, ma è solo l’ espressione della Signoria. Pertanto, seppure facendolo agire in prima persona, le sue azioni non sono altro che il volere della già detta Signoria.

Il Doge Ziani viene eletto il 29 settembre del 1172 e la sua nomina viene comunicata alla Concione popolare con le parole, poi rimaste per lungo tempo: “Sto quà xe el Missier lo Doxe, se el ve biase”.

Aveva esercitato l’ attività mercantile e principalmente con il sale, il pepe e le spezie, con la quale arrivò a costituire un’ immenso patrimonio. Fu diplomatico a Costantinopoli.

Pur avendo Venezia aderito alla Lega di Pontida, non ebbe nulla da recriminare se si alleò con il Barbarossa contro l’ Imperatore Comneno per il possesso di Ancona!

Potenza della diplomazia Veneziana, ma ancor di più degli interessi!

Questo altalenarsi di alleanze e di contrasti, era cosa normale per quei tempi: dall’ oggi al domani chi era amico, diventava nemico e viceversa!

Nel 1175, nonostante la sconfitta imposta ai Normanni nella battaglia navale di Corfù, con gli stessi si alleò sempre contro i Greci!

In quell’ anno, le alleanze mutarono per ben quattro volte solo con i Normanni ed i Greci e due con gli Imperiali…

(E fu proprio in quell’ anno che Enrico Dandolo, il futuro Doge e conquistatore di Costantinopoli, essendo ambasciatore Veneziano presso il Comneno, venne fatto abbacinare dallo stesso e divenne quasi ceco …)

Fu anche grazie alla illuminata diplomazia e capacità commerciale dello Ziani se la Signoria arrivò ad essere arbitra di quegli i anni tristi per l’ Italia.


Presentati i protagonisti, ora – seppur ripetendo taluni passi – narriamo la storia.



Nel 1159 saliva al trono pontificio Rolando Bandinelli, Senese, col nome di Alessandro III, ma subito dopo fu destituito dal Cardinale Ottaviano, che era sostenuto dall’ Imperatore Federico Barbarossa, il quale assunse il nome di Vettore IV.

Alessandro scappa da Roma e si trasferisce in Francia nel 1162, quindi torna in Italia e sbarca a Messina l’ anno seguente e quindi rientra a Roma.. Da lì ringrazia i Veneziani, che nel frattempo avevano dato asilo ai Vescovi e ai Cardinali scacciati dallo scisma.

Ma intanto lo scisma continua.

Nel 1167, Federico torna in Italia per combattere contro la “Lega di Verona” che si era costituita fra le regioni del nord le quali si erano affrancate dal giogo imperiale.

Nel frattempo Venezia era in guerra con l’ imperatore di Costantinopoli. Per sopperire alle spese di guerra, Venezia viene divisa nei sei Sestieri attuali nel marzo del 1171 – Murano era unito a S. Croce e la Zuecca a Dorso Duro (vedere il Romanin, Storia documentata di Venezia, tomo II, pag. 40 e “cronaca Vecchia Zancaruola”).

Nello stesso anno, sempre in Venezia, viene istituito il primo Banco Nazionale al mondo, con emissione di obbligazioni dello Stato per i prestiti (quello di Genova è del 1346).

Nel 1172, viene eletto Doge Sebastiano Ziani, e nello stesso anno Alessandro III si ritira ad Anagni.

Nel frattempo i Veneziani si erano ritirati dalla Lega di Pontida, perché minacciati ancora dall’ Imperatore di Costantinopoli, e si allearono provvisoriamente con il Barbarossa.

Nella battaglia di Ancona sconfissero la flotta Greca, ma non conquistarono la città grazie agli aiuti dati a quest’ ultima dalla contessa di Bertinoro, quindi si resero liberi di agire.

I bizantini, sentendosi isolati dal resto del mondo, offrirono a Venezia la pace e i privilegi che essa godeva nei tempi passati.

Con questo modo ambiguo di agire (ma allora questa era la prassi comune a tutti gli Stati…) Venezia si pose in una posizione favorevole, e bene accetta da tutti, di mediazione nell’ intrico internazionale che prima o dopo gli sarebbe tornata utile, pur tenendo ben fissi i propri interessi, grazie anche alla guida diplomatica e da ex mercante del suo Doge Ziani.

(Infatti sia agli occhi del Papa che di Federico, Venezia apparve come luogo ideale per firmare la pace.)

Intanto il Barbarossa veniva sconfitto nella famosa battaglia di Legnano dai Confederati della ricostituita “Lega Lombarda” o di Pontida, e fu lì che pensò seriamente a trattative di pace con il Papa.


Questa la Storia, e di seguito la leggenda.


Nel 1164 Alessandro vaga per l’ Italia in saio da frate, giunge a Venezia e una notte – non sapendo dove riposare – trova rifugio sotto un sottoportico, sotto un’ effigie della Madonna, nei pressi di campo S. Aponal: sopra l’ architrave di detto sottoportico è ancor oggi visibile una scritta a ricordo della sua permanenza.

Quindi si reca, sempre in incognito, presso i frati della chiesa della Carità, ora chiusa e ridotta a “Gallerie dell’ Accademia”, e li rimane a fare i lavori più umili. Ma viene riconosciuto da un frate e quindi gli vengono tributati gli onori che gli si competono.

I Veneziani, che in quel momento erano in stato di non – belligeranza con il Barbarossa, lo accolgono secondo il suo rango.

Venuti a conoscenza delle nuove mire imperiali sulla Lombardia, sciolgono la non – belligeranza e nel mentre i Confederati di Pontida sconfiggono l’ imperatore a Legnano, i Veneziani lo sconfiggono nella battaglia navale di Punta Salvore, nel golfo di Trieste.


Dunque: il Barbarossa, nel 1176, decide seriamente a delle trattative di pace con il Papa Alessandro e rimette l’ arbitrìo nelle mani dei Veneziani e d’accordo con i re di Francia, Spagna ed Inghilterra.

Mandò in Anagni per le trattative i Vescovi Guglielmo di Magdenburgo e Pietro di Vorms e l’ Arcivescovo Cristiano di Magonza.

Condotte a buon termine, Alessandro parte da Anagni per Venezia, passando per Benevento, dove vi dimorò da Natale fino all’ Epifania, quindi passò per Troia Foggia e Siporto; toccò il monte Gargano e si imbarcò a Vasto il 9 marzo del 1177, primo giorno di Quaresima. Arriva a Zara il 13, sempre scortato dalle galee Normanne, e qui si imbarca su quelle Veneziane.

Visita le varie isole della Dalmazia e arriva a S. Nicolò del Lido il 24 marzo, dove viene a riceverlo il figlio del Doge e dai maggiorenti della Città.

Il giorno dopo, festa dell’ Annunciazione e tradizionale Natale di Venezia, il Doge ed il Patriarca, Enrico Dandolo, i Vescovi, il Clero, ecc. ecc. vanno a prenderlo con un grandioso corteo di barche riccamente addobbate. Il Doge lo fa accomodare alla sua sinistra ed alla sinistra del Papa il Patriarca (da notare la disposizione…).

Dopo sontuosa cerimonia e pontificale in S. Marco, Alessandro viene alloggiato nella casa del Patriarca di Grado a S. Silvestro.

Continuano, frattanto, le trattative con Federico per diciassette giorni, per mezzo di lettere e messi, con scarsi risultati.

Quindi il Papa decide di lasciare Venezia in cerca di altra sede più propizia. Parte, il 9 aprile, per Loreo, il 10 per Ferrara, ma non si trova la sede adatta per l’ incontro della pace definitiva.

I Lombardi volevano come sede Bologna o Piacenza, gli Imperiali Ravenna o Venezia.

Alla fine fu scelta nuovamente Venezia, in quanto ritenuta “più sicura e abbondante di ogni cosa e di una popolazione quieta ed amante della pace”.

Alessandro si imbarca per Venezia il 9 maggio, dove viene ricevuto con gli stessi onori della prima volta.

Sia il Papa che Federico, intanto, mandavano lettere a tutta la Cristianità, invitando Vescovi, Arcivescovi, Ambasciatori, ecc. ecc. a convenire a Venezia al generale congresso per il ristabilimento della pace.

A Venezia convergono circa tremila invitati, e tutti con il loro seguito.

Dopo molte altra trattative, Federico partì per Venezia, giunse a Chioggia dove ricevette i Vescovi di Ostia, Porto e Pellestrina che, dopo l’ abiura da lui fatta dallo scisma, l’ assolsero dalla scomunica e l’ accompagnarono fino a S. Nicolò. Lì trovò i rappresentanti della Repubblica di Venezia che l’ accolsero in gran pompa.

Il giorno 24 luglio 1177 uscirongli incontro il Doge, il Patriarca, i Vescovi, il Clero, la Signoria di Venezia, ecc. ed una moltitudine di popolo con barche e navigli riccamente addobbati.

Entrò, Federico, sotto il portico della chiesa di S. Marco dove lo attendeva il Papa in vesti pontificali, circondato dai Cardinali ed alti prelati.

L’ Imperatore, accostatosi, gli baciò il piede, ma rialzato da Papa Alessandro III ebbe da questi il bacio della pace.

A ricordo di questo fatto, vi è posta una losanga bianca nel punto esatto dell’ incontro che ancor oggi si può notare nel Nartece della chiesa.


Leggenda vuole (anzi: così narra lo storico Obone da Ravenna…) che all’ arrivo dell’ Imperatore in S. Marco nell’ atto di baciare il piede al Papa, lo stesso Papa gli ponesse il piede sul collo dicendogli: “Camminerai sull’ aspide e sul basilico”. Al che il Barbarossa gli dicesse: “Non tihi, sed Petrus”, al che il Papa gli rispondesse: “Et mihi et Petrus” (“non innanzi a te mi inchino, ma a Pietro” – “Ti inchini innanzi a me e a Pietro” a voler significare ancor di più l’ umiliazione di Federico…), quindi lo fece alzare e gli diede il bacio della pace.

Ciò appare inverosimile, conoscendo l’ indole fiera e orgogliosa di Federico: egli non avrebbe mai accettato una simile umiliazione…


Ebbro così termine i lunghi anni di guerra che insanguinarono tutta l’ Italia, consacrando ufficialmente Venezia come fra le maggiori potenze Europee ed arbitra della pace fra Papato ed Impero d’ occidente.

Il giorno dopo, S. Giacomo, fu celebrata la messa solenne in S. Marco e fu cantato il Te Deum.

La ratificazione del trattato avvenne il 1 agosto del 1177 e si convenne che la pace sarebbe durata per sei anni. La pace definitiva si ridusse a termine a Costanza nel 1183.


Oltre ai vantaggi economici commerciali e politici concessi dall’ Imperatore ai Veneziani, altri ve ne furono di spirituali e materiali concessi dal Pontefice, fra cui la consacrazione di tre chiese, e cioè: S. Salvador, Ognissanti - unita a S. Silvestro – e la Carità; oltre alle indulgenze concesse a S. Marco.

Venne posto fine agli eterni contrasti fra le Diocesi Patriarcali di Aquileia e Grado, e a quest’ ultimo – sorretto dalla Repubblica – verranno assegnate le Diocesi di Capodistria, Parenzo e Pola, oltre che la Dalmazia e l’ Istria.

Donò al Doge la “Rosa d’ oro” e il privilegio dell’ “Ombrella”; gli concesse, inoltre, l’ alto privilegio dello “Stocco e Pileo” quale “Defensor Ecclesiae”; donò l’ anello benedetto che da quel momento fu usato per lo sposalizio del mare il dì della “Sensa”, usanza introdotta da Orseolo II°, accompagnandolo con queste parole: “Ricevetelo come il segno del vostro impegno sul mare; Voi e i vostri successori rinnoverete con questo ogni anno gli sponsali affinchè i tempi avvenire sappiano che il mare è vostro e vi appartiene come la sposa allo sposo”.

Nasce così lo “Sposalizio del mare”, festa ripetuta ogni anno fino alla caduta della Serenissima, e nella quale il Doge dal Bucintoro (nave costruita per lo scopo solo nel 1311, ma prima da altre imbarcazioni sontuose) lanciava in mare questo anello con le parole: “Desponsamus te, mare, in signum veri perpetuique domii”.

Furono donati dal Papa gli otto vessilli con il Leone di S. Marco che precedono le processioni con il Doge: 2 rossi, 2 verdi, 2 celesti 2 gialli (da qui l’ origine delle bandiere nelle regate: rosso al primo; verde al secondo; celeste al terzo e giallo al quarto. Dopo l’ annessione di Venezia all’ Italia, i colori vennero modificati dai Savoia con i colori della loro bandiera, ossia, rispettivamente: rosso, bianco, verde e celeste che è il loro colore).

Questi vessilli ebbero un loro particolare significato: se aprivano la processione i rossi significava che la Repubblica era in guerra; se bianchi, in pace; se verdi, in guerra con il Turco; se celesti in neutralità.

Venezia ottiene la riconferma dall’ Imperatore dei patti tradizionali, inoltre vengono ampliati con il riconoscimento dell’ incolumità dei Veneziani e dei loro beni in tutto il territorio dell’ impero, oltre all’ esenzione delle gabelle e dei dazi in taluni territori.

Inoltre gli fu riconosciuto il dominio su tutto l’ Adriatico.


Alla partenza, i vari legati si accordarono nel celebrare i Veneziani dicendo: “Oh quanto beati siete voi, o Veneziani, presso i quali si è potuta conchiudere tal pace, che sarà invero gran monumento del nome vostro in eterno”. (Cronaca Altinate e Jaffé, Reg. pont.)


Questa storia – leggenda è ricordata in Palazzo Ducale con ben 11 tele di Jacopo Tintoretto e Palma il Giovane: dall’ arrivo del Papa all’ omaggio dell’ Imperatore, dalla battaglia di Punta Salvore allo sposalizio del Mare, ecc. ecc.: tutte eseguite in sostituzione dei 22 affreschi andati perduti nell incendio del Palazzo nel 1577.


Il Papa Alessandro III, da Venezia ritorna a Roma per prendere definitivamente possesso della sua sede, protetto dal vicario Imperiale Cristiano di Magonza. Il 12 marzo del 1178 vi entra accolto trionfalmente. Callisto III, l’ antipapa, il 29 agosto è costretto a rinunciare definitivamente dalla sua carica e chiede perdono ad Alessandro. In settembre il Papa indice un Concilio Ecumenica in Roma, l’ undicesimo, indicato come Lateranense III.

Non va dimenticato che egli ebbe il merito di obbligare il re inglese a sconfessare l’ operato degli uccisori di S. Tommaso Becket (1170) e a giurare obbedienza alla sede apostolica.

Alessandro finì i suoi giorni il 30 agosto del 1181 a Civitacastellana.

Federico di Hoehnstaufen, il Barbarossa, tornato in Germania sconfisse Enrico il Leone, privandolo del Ducato di Baviera che fu assegnato ai Wittelsbach, ducato che essi tennero, in seguito con il titolo di Re, fino al 1818.

(a proposito della Lega, del Carroccio e di chi usa tali simboli per proprio tornaconto)

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Testo basato sull'originale di
gigio zanon