Ca’ Sagredo

Informazioni

 

 

Indirizzo Cannaregio 4198 – Campo Santa Sofia
Stile architett. Trecentesco

Il Palazzo risale originariamente al XIII secolo; edificato per conto della famiglia Morosini, è stato più volte ristrutturato nel corso della sua storia.
Il primo proprietario fu Lorenzo Morosini, fratello di Domenico, uno dei patrocinatori dell’Accademia Pellegrina cui aderirono pittori del calibro di Tiziano e Tintoretto, di cui abbiamo notizia attraverso un documento risalente al 1570.
Dopo numerosi avvicendamenti ereditari della famiglia Morosini, intorno alla metà del 1600 il Palazzo divenne proprietà dei Sagredo, considerati allora una delle più illustri famiglie del Patriziato veneto, presenti nel Maggior Consiglio della Repubblica fin da prima della Serrata del 1297 ma di cui si trova documentazione fin dal IX secolo.
Diedero i natali anche a S. Gerardo Sagredo, martire nell’anno 1047 e Patrono di Budapest.
Immagine:Palazzo Sagredo – De Barbari.jpgNella Veduta a volo d’uccello di Jacopo de Barbari del 1500 è ben visibile la facciata sul Canal Grande già con la sua conformazione che non cambierà nel tempo, l’esafora del primo piano e la quadrifora del secondo, nonchè la parte affacciata sul Campo di Santa Sofia con il cavedio dove verrà costruito lo scalone da Andrea Tirali.



Nel 1661 il palazzo venne venduto a Nicolò Sagredo, già ambasciatore di Venezia a Roma e futuro Doge (1675-1676), oltre che primo grande collezionista d’arte della famiglia.
Successivamente, su un progetto di Andrea Tirali databile ai primi tre decenni del Settecento, il Palazzo subì importanti lavori di ristrutturazione degli interni: la creazione dello scalone, le numerose decorazioni a stucco e la riorganizzazione delle sale.
Zaccaria Sagredo, vissuto nella seconda metà del secolo XVIII, raccolse nel palazzo una collezione, considerata tra le più importanti d’Europa, composta da oltre 800 dipinti realizzati dall’epoca del Rinascimento ai suoi giorni e da circa 2000 fra disegni (anche di Leonardo) e incisioni, oltre ad una fornitissima e preziosa biblioteca.

La stessa passione per l’arte fu ereditata dal nipote Gerardo che nel 1718 commissionò a Carpoforo Mazzetti e Tencalla gli stucchi che ancora decorano l’ammezzato del sottotetto, costituito da sette stanze destinate a luogo di incontro e di svago, il cosiddetto Casino Sagredo.



Alla morte di Gerardo Sagredo iniziò una lunga e controversa azione legale testamentaria per decidere a quale ramo della famiglia spettasse il Palazzo, il cui prestigio era tale che nel 1791 l’imperatore Leopoldo II ammirò la Regata organizzata in suo onore dal balcone del piano nobile.
Merita di essere menzionata Marina Sagredo, famosa per il suo anticonformismo, lo spirito liberale, l’impegno e l’attività artistica, al punto di trovarsi ad affrontare diverse controversie con i Magistrati della Repubblica. Fu a lei che Carlo Goldoni nel 1700 dedicò la commedia “La Sposa Virtuosa”.
Alla caduta della Repubblica la famiglia Sagredo alienò gran parte delle sue proprietà, mantenendo però il Palazzo sul Canal Grande.
Nel 1808 Ca’ Sagredo passò a Zuane Sagredo, il quale, ricavate al piano terra due abitazioni principali e quattro botteghe con magazzino, le concesse in locazione.
Nella seconda metà dell’Ottocento la proprietà andò ad Agostino Sagredo, letterato, patriota e senatore del Regno d’Italia, che vi abitò fin quasi alla sua morte avvenuta nel 1871. 
Caterina Sagredo, sorella di Agostino, andata sposa al Conte Ippolito Malaguzzi Valeri di Reggio Emilia, fu madre di Eleonora che sposò il Conte Giuseppe Manodori, i cui discendenti portano ancora oggi i due cognomi.

Ancora oggi, ogni 24 settembre, festa di San Gerardo Sagredo, la famiglia ManodoriSagredo si riunisce per la Messa Commemorativa nella Cappella di famiglia situata nella Chiesa di San Francesco della Vigna.


Nelle stanze di Ca’ Sagredo fu ospite anche Galileo Galilei, intimo amico di Gianfrancesco Sagredo, uno dei tre protagonisti del “Dialogo sui massimi sistemi” che lo scienziato ambientò proprio in questo Palazzo sul Canal Grande.
Tra le opere artistiche di Ca’ Sagredo che per molte vie se ne sono allontanate, ricordiamo la pregiatissima Alcova ora esposta al Metropolitan Museum di NewYork.

 

L’Arte

Il patrimonio artistico di questo palazzo veneziano comprende alcuni spettacolari dipinti ad opera di numerosi celebri artisti del XVII e XVIII secolo: Nicolò Bambini, Giambattista G.B.TiepoloSebastiano RicciPietro Longhi, un raro esempio di resistenza al trascorrere del tempo.
I lavori di restauro, durati più di sette anni e curati dalla Sovrintendenza alle Belle Arti di Venezia, hanno restituito al Palazzo tutto il suo antico splendore. I Sagredo erano infatti collezionisti d’arte e grandi amanti di Venezia e la loro dimora ne rimane oggi una splendida testimonianza.
Oltre ai dipinti e agli affreschi, le pareti e le volte delle stanze e dei saloni del Piano Nobile sono magistralmente decorate a Stucco e marmorino di due famosi artisti luganesi che agli inizi del Settecento operavano presso la Repubblica di VeneziaAbbondio Stazio e Carpoforo Mazzetti, detto Tecalla.
A perpetuo ricordo Pietro Longhi
 (1702 – 1785) dipinse un famoso quadro conservato presso la Fondazione Querini Stampalia intitolato 
“La famiglia Sagredo”
1752 ca. olio su tela, 62x5I cm

. In questo dipinto il Longhi rappresenta gli insigni splendori dei Sagredo.
La tappezzeria riccamente damascata ricopre lo sfondo, ornato anche da uno specchio e da una pesante cortina con bonagrazia nappata che copre una porta semiaperta da cui si affaccia un servitore col caffè, unico elemento di movimento nella fissità della “foto di gruppo in un interno”. 
In ordinato allineamento i tre bimbi e le tre dame Sagredo. 
Da sinistra osserviamo la madre Cecilia Grimani, vedova di Gerardo Sagredo, morto nel 1738, committente degli affreschi del Longhi sullo scalone del suo Palazzo, riccamente vestita e ingioiellata, che tiene fra le mani un grazioso cagnolino da grembo col collarino rosso. Al centro Marina, donna famosa per la libertà e l’indipendenza di atteggiamenti, molto corteggiata e molto discussa, colta committente del Longhi fino a poco prima della morte (1774), col figlio di primo letto Almorò Pisani (I746-66) per il quale fu istituita (1762) una domestica accademia di pittura col Longhi come direttore. 
A destra Caterina, vedova Pesaro, sposa in seconde nozze di Gregorio Barbarigo con le due figlie Contarina e Cecilia. 
I bambini sono tutti abbigliati come adulti in miniatura, due col capo incipriato, le bimbe col busto e il “goliè” al collo come la nonna.
Il Casino del quarto piano, destinato a luogo di incontro e svago del Conte Sagredo, è stato tramutato oggi in due splendide suites. Qui si può ammirare la qualità eccezionale degli stucchi, condotti a diverso livello di rilievo e colorati con tinte tenui, quasi pastello, il più notevole esempio esistente a Venezia.
Al fine di salvaguardare gli affreschi, le tele, gli stucchi e tutte le opere d’arte conservate in questo magnifico Monumento Nazionale, la Sovrintendenza alle Belle Arti impone il divieto di fumare.

L’Architettura
La struttura del palazzo è tipicamente trecentesca e chiaramente riconoscibile in altre analoghe strutture dello stesso periodo, quando il commercio che si diramava per mezzo dei canali induceva a sfruttare gli ambienti del piano terra che circondavano la corte come magazzini e uffici. Oggi, all’antica corte corrisponde la hall dell’albergo.
L’asimmetrica facciata volta al Canal Grande ci riporta indietro attraverso la storia architettonica del palazzo.
L’imponente esafora del primo piano, affiancata da monofore sorrette da esili colonnine, era inizialmente posta al centro dell’edificio. Essa appare attualmente decentrata in conseguenza all’ampliamento successivamente effettuato rispetto alla costruzione originaria, per cui l’esafora si trova oggi ad essere la finestra di una delle suites.
L’ampliamento del palazzo in epoche successive comprende l’aggiunta dell’ala destra in direzione del Campo di Santa Sofia e l’inserimento di finestre trilobate gotiche. Sopra l’esafora si può osservare una quadrifora gotica sormontata da quattro quadrilobi, elementi architettonici che conferiscono grazia alla facciata rendendola unica e particolare e che nel contempo creano all’interno incantevoli effetti di luce.

 

La Sala della Musica

Nella dorata e preziosa Sala della Musica, innumerevoli affreschi attribuiti a Gaspare Diziani rivestono completamente le pareti e il soffitto dal quale, entro una finta balaustra, appare Apollo sul carro del sole circondato dagli altri dei dell’Olimpo mentre fa precipitare i vizi capitali.
Entro finte nicchie disposte lungo le pareti sono collocate le figure monocrome di Minerva, Nettuno, Cibele, Marte, Venere, Mercurio, Giunone e Giove.
Le differenze stilistiche che non sfuggono all’occhio dell’osservatore attento testimoniano il contributo di artisti minori, seppur sia ben riconoscibile la mano di Diziani nelle figure di Venere e Minerva.
Ancora oggi, grazie all’acustica perfetta, la musica sempre presente in questa sala sa essere davvero avvolgente: semplicemente sfiorando la tastiera del pianoforte e accennando qualche nota, come per incanto le figure degli affreschi sembrano prender vita.
Dal soffitto scendono splendidi lampadari in preziosa foglia d’oro, mentre sul pavimento campeggia grandioso lo stemma araldico della casata dei Sagredo.
Tra gli affreschi di una delle pareti è mimetizzata la porta del passaggio segreto che saliva all’allora “Casino Sagredo”. Di qui potevano passare le favorite, durante le feste da ballo, per raggiungere discretamente l’alcova del padrone di casa.
Gaspare Diziani(Belluno 1689 – Venezia 1767)
Rinomato pittore e incisore, fu allievo di Gregorio Lazzarini e di Sebastiano Ricci.
La notorietà acquisita con la pittura scenografica teatrale nel 1717 lo condusse a Dresda, alla corte di Augusto III di Sassonia. Nel 1720, rientrato a Venezia, godette di un felice momento pittorico. Si spostò in diverse città del veneto impegnandosi nella realizzazione di paesaggi e ritratti storici e nella pittura religiosa. La sua arte lo rese fulmineo e vivo nei bozzetti, straordinario nei disegni, dolce e semplice nelle raffigurazioni di putti e angeli. Nel 1766 venne eletto alla presidenza dell’Accademia di Pittura di Venezia, ma non riuscì a concludere il suo mandato: morì infatti in Piazza San Marco a Venezia nel 1767.

La Sala della Biblioteca
Graziosamente affacciata sul Canal Grande, sul lato destro del Portego, la Biblioteca porta il vanto di essere stata riconosciuta come Monumento Nazionale.
Tutt’intorno alla parte superiore corre un ballatoio limitato da una ringhiera lignea costituita da colonnine bianche e dorate.
Sopra gli imponenti armadi settecenteschi in legno bianco e verde chiaro, con decorazioni intagliate e dorate, si leggono ancora chiaramente le lettere dell’alfabeto. Questi armadi custodivano un tempo l’imponente raccolta di volumi e di stampe di Zaccaria Sagredo e tuttora rivestono completamente le pareti: la collezione poteva contare su oltre 10.000 libri a stampa e 309 disegni.
La splendida opera è completata da una suite al piano superiore, a cui la Sala della Biblioteca è collegata grazie ad una scaletta nascosta in uno degli armadi.

Il Portego
Il Portego è l’ampio salone che al primo piano copre longitudinalmente tutto lo spazio che va dalla facciata al retro del Palazzo, circondato da molte tra le sale principali -Biblioteca, Sala Amigoni, Suite di Sebastiano Ricci, Sala dei Disegni – che sono raccolte al piano nobile.
Nel periodo di massimo splendore si potevano qui ammirare numerosi dipinti inseriti tra gli stucchi: nel 1738 si arrivava a contarne 105, su quattro file. Tra il 1774 e il 1780 tali dipinti vennero venduti e sostituiti con le quattro grandi tele di Andrea Urbani, ancora presenti, che raffigurano paesaggi con decadenti rovine, scene di caccia e di vita mondana. Notevoli anche isopraporte con figure allegoriche da lui realizzati a tempera.
Il lungo Portego, arricchito da tre grandi lampadari in vetro di Murano, si affaccia sul Canal Grande attravero una quadrifora sormontata da quattro quadrilobi da cui filtrano i riverberi di luce della laguna, creando una suggestiva atmosfera di magia.
Andrea Urbani (Venezia 1711-Padova 1798)
L’attività pittorica del veneziano Andrea Urbani risaltò soprattutto nella decorazione di numerose ville venete. Lavorò a Udine, Padova e Venezia. A conferma della sua notevole fama, tra il 1760 e il 1763 fu chiamato alla Corte di Russia a Pietroburgo, dove lavorò come pittore e scenografo.

 

La Sala del Doge

Il nome della Sala deriva dal ritratto del Doge Nicolò Sagredo, il cui ritratto era ivi esposto. Il soffitto accoglie una tela di Nicolò BambiniLa Sconfitta dei Vizi, raffigurante un glorioso dio Apollo da cui gli altri personaggi tentano di trovar riparo. Il dipinto è incorniciato da eleganti stucchi del primo ‘700.
Nicolò Bambini (Venezia 1651 – Venezia 1736) 
Fu allievo di Liberti e di Mazzoni. Iscritto alla frangia dei pittori lagunari, svolse un’intensa attività dipingendo pale d’altare, tele con soggetti storici, mitologici e allegorici, operando in diversi palazzi veneziani. Viene definito un eclettico.

La Sala di G.B.Tiepolo
Il cameo di questa sala è senza dubbio la tela di G.B.Tiepolo risalente al 1740 circa, incorniciata da stucchi dorati, ora purtroppo poco decifrabile per effetto del tempo nonostante il recupero. Il dipinto, in cui si distinguono ancora due amorini in volo, raffigurava probabilmente un omaggio a Venezia. Questa è l’unica delle numerose opere dipinte da G.B.Tiepolo per i Sagredo che si trovi tuttora nel palazzo.
G.B.Tiepolo (Venezia 1696 – Madrid 1770 )
Massimo decoratore del ‘700, fu anche disegnatore e abile incisore. Può essere annoverato tra gli ultimi e più significativi rappresentanti della pittura barocca. 
Discepolo di Lazzarini, subì anche gli influssi di Sebastiano Ricci e di Piazzetta, oltre che dei grandi veneziani del ‘500, tra i quali predilesse Paolo Veronese.
Fu il maestro della tavolozza cromatica e della leggerezza del segno nella pittura veneziana del ‘700, e venne chiamato ad operare in ogni dove. Affreschi, pale d’altare, tele storiche e mitologiche si susseguono senza interruzioni dando testimonianza della sua creatività inesauribile.

 

Lo Scalone

Lo scalone fu progettato dall’architetto Andrea Tirali su commissione di Gerardo Sagredo nel terzo decennio del Settecento e infine completato nel 1732, quando Pietro Longhi cominciò a dipingere gli affreschi che ricoprono il soffito e tutte le pareti circostanti. L’ideazione dello scalone fa parte di un progetto complessivo di ristrutturazione del palazzo, voluto da Gerardo, che comprendeva tutte le sale dell’edificio e prevedeva anche il rifacimento della facciata su progetto dell’architetto Tommaso Temanza. Intenzione, quest’ultima, che venne però abbandonata per dissidi interni alla famiglia e per ragioni economiche.
Due aulici putti in marmo di Francesco Bertos decorano l’ingresso dello scalone ammiccando all’ospite che si trova a salire verso il piano nobile.
Il pavimento in pietra d’Istria, è a intarsio, decorato con eleganti volute colorate.
Andrea Tirali (Venezia 1660 circa – Monselice 1737)
Architetto veneziano, si affermò soprattutto per le sue capacità tecniche. La sua opera, ispirata a forme palladiane, si colloca nell’ambito della reazione classicista al Barocco.
Nel 1688 costruì a Venezia il Ponte dei Tre Archi sul Canale di Cannaregio.
Francesco Bertos (1678 – 1741)
Scultore veneziano attivo a Roma e Venezia, oltre che a Padova, Torino e Firenze. Alcune sue opere sono custodite a Torino, nel Palazzo Ducale, altre a Londra.

L’Affresco di Pietro Longhi
A sovrastare lo scalone centrale, un grandioso affresco firmato Pietro Longhi e datato 1734, che ricopre il soffitto scendendo fino a metà delle pareti. Rappresenta la “Caduta dei Giganti” abbattuti da Giove, che armato di fulmini appare in alto. Possiede un’eccezionale importanza storica oltre che artistica: è infatti l’unico affresco di soggetto mitologico di cui si abbia notizia e che sia stato dipinto dal Longhi, attivo in gioventù come “ pittore di storia”.
Pietro Longhi (Venezia 1702 – Venezia 1785)
Pietro Falca, detto Longhi, iniziò la sua carriera artistica col dipingere pale d’altare. Nel 1734 portò a compimento gli affreschi dello scalone di Ca’ Sagredo.
Abbandonati per un certo periodo i temi religiosi, storici e mitologici che gli avevano fatto conquistare un notevole successo, si dedicò a rappresentazioni agresti ispirate alla pittura fiamminga. In seguito riprodusse scene di salotti inglesi e francesi, dal cromatismo pacato e dalla composizione ricca di particolari (“La lezione di danza”, “La toeletta”, “Il sarto”).
La sua pittura era però destinata a mutare nuovamente: dagli inizi degli anni Sessanta le tonalità iniziarono a farsi brunastre e le linee prospettiche meno curate. Si ipotizza una sua scelta consapevole all’inseguimento del linguaggio rembrandtiano. Nel 1763 iniziò la sua attività ritrattistica mentre si trovava alla direzione dell’Accademia Pisani del Disegno e dell’Intaglio. Nel maggio del 1785 morì dopo una breve malattia.

 

La Sala delle Arti

La Sala delle Arti è costituita da una serie di stanze che in origine componevano il Casino Sagredo, ornate da stucchi e bassorilievi rappresentanti uccelli, animali esotici, simboli delle arti e trofei dalle tinte tenui.
Gli emblemi della pittura, della scultura, della musica e dell’architettura si trovano infatti rappresentati ai quattro angoli, mentre sul soffitto appaiono tre comparti paesaggistici, di lieve e raffinata esecuzione.
La decorazione, tra le più pregevoli del primo Settecento a Venezia, è stata effettuata dagli artisti luganesi Carpoforo Mazzetti e Abbondio Stazio nel 1718.
Dai sei diversi ambienti del Casino sono state ricavate due eleganti suite, complete di saloncino, che traggono il nome dai soggetti delle decorazioni.
L’ornato della stanza dell’alcova è attualmente conservato presso il Metropolitan Museum of Art di New York.
Abbondio Stazio (Massagno 1663 – Venezia 1757)
Dopo un periodo di formazione quale stuccatore a Roma, Abbondio Stazio lavorò prevalentemente a Venezia. Le sue opere, in Stucco e marmorino, presentano elementi decorativi e figurativi trattati in modo estremamente plastico e vigoroso con evidenti influenze tardo barocche. Di tutt’altro spirito è la decorazione di Palazzo Sagredo, dove lo stucco si fa più leggero e minuto. L’opera, firmata e datata, fu eseguita con la collaborazione dell’allievo Carpoforo Mazzetti Tencalla.