Cucina veneziana

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Qui si vuole trattare unicamente sulla cucina veneziana, cioè su quella cucina che è molto varia, ricca e povera nello stesso tempo, e anche semplice e speziata. Un tempo, quando non esistevano i frigoriferi, per conservare per lungo tempo le carni ed i pesci si usavano unicamente due sistemi:

  • la salatura
  • l'essicazione

La prima consisteva nell'annegare la carne o il pesce nel sale marino (NON LA SALGEMMA!) e lasciarvelo per un lungo periodo affinché perdesse tutta l'umidità. La seconda consisteva di mettere, come sopra, i pesci e le carni ad essiccare al sole e all'aria affinché, anch'essi, perdessero tutta l'umidità. Per l'uso, non di doveva far altro che metterli in acqua affinché riprendessero la loro umidità persa e poi cuocerli come meglio si credeva. Certi cibi e certi pesci (come le seppie) era necessario frollarli in quanto le loro carni mangiate immediatamente risultavano dure o sfilacciose. Ma se però venivano conservati, ciò non era necessario.

I primi veneziani della Laguna erano maestri per la conservazione di questi cibi, e proprio per i mezzi che a loro non mancavano: il sale e il sole e l'aria. Ma è proprio sul sale e sul suo commercio che la Venezia insulare iniziò la sua ricchezza e la sua potenza.

A quei tempi, infatti, nessuno ne poteva fare a meno, pena il deterioramento e la conseguente eliminazione dei cibi. Perciò i veneziani detenevano il monopolio del sale e dettavano loro stessi i prezzi sul mercato.

Inoltre il sale non serviva solo per la conservazione dei cibi, ma anche come alimento indispensabile per il bestiame. Quando verso il VI° secolo iniziarono a commerciare con il medio oriente, la loro prima iniziativa fu quello del commercio delle spezie. Infatti barattavano il legname e il ferro dell'alto Veneto, le pelli degli animali da pelliccia e da lavoro in cambio del pepe, dei chiodi di garofano, delle noci moscate, della cannella, ecc. ecc.

Questi mercanti dapprima li usarono per conto loro, per migliorare il sapore dei cibi, alle volte per modificarlo addirittura. E con esiti più che positivi, visto la varietà e la qualità della cucina veneziana.

Per iniziare il loro commercio con gli abitanti dell'entroterra e dei ricchi signorotti adottarono un sistema molto semplice e proficuo: quando i famigli di questi signorotti venivano in laguna per acquistare il sale donavano loro dei sacchetti – conosciuti in seguito come i famosi “Sacchettis venetis” – con dentro una piccola quantità e varietà di spezie come campionatura da dare ai loro ricchi signori e insegnando loro anche l'uso e la quantità per il miglioramento della qualità dei cibi, come già avevano provato loro tempo prima. Ovviamente nei viaggi successivi, assieme al sale, acquistavano anche le spezie ma allora il prezzo, sempre stando in regime di monopolio, era alquanto elevato. E in tal modo iniziò la fortuna di Venezia.

Però ora ritorniamo alla cucina veneziana. Essa è varia, ricca ma povera nello stesso tempo, semplice e speziata. Il luogo stesso ove sorse Venezia è stato un vero dono di Dio, con un entroterra ricchissimo di selvaggina e di animali in genere, una laguna pescosissima e varia, con degli orti che producevano, e producono, con grande varietà e abbondanza diverse specie di verdure e di frutti. Verdure che servivano anche per la cottura dei cibi, oltre che per essere poste in tavola.

Vale la pena il ricordare che nelle navi veneziane lo scorbuto era pressoché sconosciuto, proprio per l'apporto di verdure – e di conseguente vitamina C – che venivano imbarcate nelle galee, poiché i loro viaggi erano sì lunghi, ma con frequenze di arrivo nei porti dell'ordine di tre o quattro giorni al massimo. In questo modo gli equipaggi potevano cibarsi di abbondanti zuppe di verdure e di legumi, oltre che la razione di carne o pesce giornaliera e il famoso biscotto che veniva intinto dentro queste zuppe.

Così nacque la cucina veneziana: con pochi ingredienti all'inizio e con varietà di spezie successivamente e, in mancanza di quelle dati i costi elevati, con le verdure dell'estuario per i fondi di taluni piatti. Fatta questa necessaria premessa generale, ora passiamo alla preparazione dei nostri piatti.

Innanzitutto gli ingredienti base.

Poco olio di oliva e quasi sempre a crudo. Non usarlo per fritti o per fondi in quanto, data la sua elevata acidità, altera il sapore dei cibi. Oggi si usa molto l'olio di semi, possibilmente di girasole o di semi vari per friggere. Una volta si usava molto lo strutto, ma adesso ritorna in auge specie per friggere pesce o verdure. E questo lo consiglio vivamente. E non date retta a chi dice di usare l'olio extra vergine per i fritti, perché dimostra di non saper gustare appieno la tipicità del piatto.

Burro. Una volta per cucinare dicevano solo: “onto sutil” o “onto grosso”, ossia il burro e l'olio o lo strutto o grasso animale. Per certi piatti è indispensabile il lardo di maiale, perché è molto gustoso e dà quel tocco ai cibi che... specialmente nella pasta e fagioli.

Poi sale grosso e fino rigorosamente marino; pepe nero e bianco in grani e macinato; bacche di ginepro per gli arrosti, cannella in canna, noce moscata, chiodi di garofano, timo, semi di finocchio o cumino, zenzero intero o macinato, rafano o kren, coriandolo, ecc. Aglio, cipolle, scalogno, sedano, carote, foglie di alloro, prezzemolo.

Oltre alle attrezzature normali per una cucina, è quasi indispensabile un mortaio, o “morter”, per amalgamare e ridurre in poltiglia certi alimenti o certe verdure.


Presentazione del Nono Gigio

Le ricette che troverete qui di seguito sono frutto della mia esperienza più che quarantennale passata fra i fornelli e i tavoli di ristoranti. Sono frutto di consigli ricevuti, e messi in pratica, da gente che ne sapeva più di me per mestiere, per passione e per esperienza spicciola, casalinga.

Quando ero giovane, ma anche meno giovane, mi dilettavo a passare delle nottate e delle giornate intere in laguna a pescare con i vecchi pescatori, a mangiare con loro e nelle loro case e così vedevo come loro preparavano il pesce alla loro maniera: io lo dirò a voi.

Così come vi dirò come le loro donne cucinavano quei rari pezzi di carne di seconda scelta che acquistavano, ma soprattutto quella che i macellai chiamano “el minusame”, ossia le frattaglie e le parti interne dell’animale.

Oggi è molto di modo un uso immeritato e spropositato do olio d’oliva extra vergine: SBAGLIATO!!! Esso va benissimo per certi piatti, ma non assolutamente per i fritti o per la base di certi piatti: ha un gusto e un sapore che a caldo altera il sapore genuino e classico del cibo. Ad esempio, va sempre bene quando è crudo: nelle insalate o come tocco finale su certi piatti; può andare bene mischiato ad altro olio su certi fondi; puo’ andare bene su certi tipi di carni e/o di pesci, ma non su tutti.

Per friggere, specialmente il pesce, è necessario usare dello strutto raffinato o dell’olio di semi vari che sia inodore e insapore. Infatti l’olio non deve minimamente intaccare il gusto originario del cibo. Inoltre le ricette che vado a proporvi sono solo delle ricette, non dei dogmi! Esse possono, anzi: devono essere modificate secondo il vostro gusto e la vostra fantasia. La fantasia, che è l’ingrediente principale per ogni bravo cuoco o cuciniere, che dir si voglia. Insomma si deve fare il meglio con il meno. Alle volte una presa di sale o di pepe in più o in meno fanno la differenza: ed è a quella che dovete badare.

Ogni piatto può essere modificato, io vi dirò come lo faccio io, e voi dovrete fare a modo vostro, secondo il vostro gusto.