La crescita

Da Venicewiki, il wiki di Venezia

Il progetto politico di Carlo Magno non trova continuità in Lodovico il Pio ed in Lotario, il Sacro Romano Impero non reggerà a lungo; in ogni caso fra il IX° e il X° secolo l’economia europea tocca il suo punto più basso: -a) il Mediterraneo non è più il mare esclusivo dei popoli europei, eredi del caduto Impero Romano, un nuovo attore è entrato prepotentemente sulla scena: il popolo dell’Islam; -b) i commerci, già considerevolmente diminuiti nell’ultimo secolo, si riducono ulteriormente; porti come Marsiglia o Genova, un tempo fiorenti di traffici, sono ora deserti e ridotti in povertà; -c) merci come il papiro, il pepe e le spezie, o le stoffe e le sete non raggiungono più i mercati occidentali, del resto ormai ridotti a luoghi nei quali si scambia quasi solo per garantirsi la sopravvivenza.

Quando Venezia inizia a strutturarsi è in decisa controtendenza: le altre città italiane ed europee (ad eccezione di Bruges, che si trova in una situazione analoga a Venezia) sono ridotte a piccoli centri cintati da mura o da palizzate, che ospitano prevalentemente clero e militari e che offrono un riparo per la popolazione agricola circostante in caso di pericolo. Venezia riesce invece a trarre vantaggio dal suo isolamento: sfugge ai danni delle invasioni e non cessa di gravitare nell’orbita dell’Impero Romano d’Oriente. Costantinopoli è la più grande città di tutto il Mediterraneo, la sua popolazione, attorno al milione di abitanti, a differenza di quanto avveniva nella Roma imperiale, non si limita solo a consumare senza produrre, ma è singolarmente attiva nei commerci ed anche nelle industrie: la città è un grande porto ed un centro manifatturiero dal quale escono prodotti squisiti dell’industria e dell’arte bizantina (qui e di seguito si cita H. Pirenne – “Le città del Medioevo” – pag.59 e segg. - Ed. Laterza). Convivono tanti stili di vita e molte forme di attività sociale, con molte similitudini ad una nostra odierna metropoli. E poi Bisanzio è favolosamente ricca e splendida: una navigazione ininterrotta la congiunge alle coste del Mar Nero, dell’Asia Minore, dell’Italia; le flotte da guerra garantiscono la signoria del mare e, di fronte all’Islam, mantiene il suo dominio su tutte le acque del Mediterraneo centro-orientale. Dall’Arabia, dalla Persia, Siria, India, fin dalla Cina qui affluiscono le merci più varie, spezie, seta, oro, pietre preziose, avorio, tappeti, porcellane, vetri, pellicce e schiavi Perciò si comprenderà facilmente come Venezia trovò vantaggio dal legame con la capitale dell’impero d’Oriente. I battelli veneziani trasportano grani e vini dell’Italia, sale delle lagune, legni della Dalmazia e schiavi, che i marinai si procurano razziando i popoli slavi sull’Adriatico. In cambio portano quest’altre merci rare ed esotiche da vendere in Occidente, sui mercati di Ferrara o di Pavia. Venezia, come Tiro, presenta un carattere esclusivamente commerciale, in questo periodo è l’unico porto dell’Europa, e presto farà sentire la sua azione forte e di ripresa su tutto il vecchio continente civilizzato. Le sue sono le sole navi occidentali a percorrere il mare senza temere l’aggressività dei musulmani. E, come vedremo, l’Europa per un po’ non potrà rinunciare ai servizi offerti da Venezia e i veneziani….non potranno fare a meno di arricchirsi e ingrandirsi. Morto Agnello, diviene doge il figlio Giustiniano Partecipazio che, oltre a proseguire l’opera politica del padre, decide anche un’operazione su San Marco destinata ad avere un peso enorme nella storia di Venezia. Fin dal V secolo una leggenda narrava dell’Evangelista Marco approdato nelle Venezie per predicarvi la fede; e di leggenda evidentemente si trattava, forse nata attorno all’esistenza in Aquileia, ancor prima del III secolo, di una comunità cristiana strettamente legata alla Chiesa Patriarcale di Alessandria d’Egitto della quale doveva essere un’emanazione; se i primi cristiani erano qui giunti da Alessandria perché non credere che anche il loro evangelizzatore sia transitato da Aquileia? Sulla base di questa leggenda il patriarca di Aquileia affermava e pretendeva il primato politico e la supremazia religiosa nei confronti di Grado. Nell’827 si riunisce a Mantova un Sinodo, al centro c’è la contesa fra Aquileia con il suo potente patriarca Massenzio, schierato con il Sacro Romano Impero d’Occidente, e Grado con il suo patriarca rappresentante della dimensione lagunare e della nascente autonomia di Venezia. Il doge Giustiniano Partecipazio partecipa al Sinodo ma non riesce ad impedire a Massenzio di far approvare la decisione di sopprimere il patriarcato di Grado e allora ordisce una vera e propria aggressione politica nei confronti della potente Aquileia; con un’azione leggendaria rovescia le posizioni: i resti (veri o falsi) dell’Evangelista Marco, l’anno dopo (828) sono rubati ad Alessandria e portati nel suo palazzo a Rialto. La nascente città, che al ricordo del Santo, rivendicato da Aquileia, ora contrappone la sua reliquia completa, sovrasta, per contenuto sacrale, la vecchia sede patriarcale. Per tale impresa, la più straordinaria operazione politico-urbanistica forse mai compiuta, che riuscì a trasformare il vecchio Evangelista Marco in un potente gonfalone di guerra, Venezia diviene una delle città più importanti del tempo, in qualche modo prima ancora di essere costruita. E per cogliere fino in fondo la spregiudicatezza di una tale operazione, non dobbiamo pensare alla Venezia come poi sarà: nel IX secolo Aquileia superava, per dimensione, Venezia di almeno quattro volte. Nell’829 Giustiniano Partecipazio stende il suo testamento, documento che ci resta quale importante fonte di informazioni. Per quanto concerne la città di Venezia, non sono descritti castelli né porti, ma solo case, monasteri, mulini, orti, corti, stalle. Si parla di tante acque dolci che attraverso canali, fosse, fiumi, pioveghi, finiscono in acque salate. Grande importanza doveva quindi avere già in quei tempi il governo e la proprietà delle acque. Enorme peso assumono i monasteri, ma non v’è accenno ad una flotta militare; le proprietà dei Partecipazio erano prevalentemente in terra: 15 “masserizie” che il duca possedeva da Cittanova a Torcello, Mestre, Treviso impiegandovi servi, “ancillare”, mugnai e pescatori. In realtà già in quegli anni Venezia possedeva una flotta: nell’827 navi del ducato avevano partecipato ad azioni belliche al largo della Sicilia con Bisanzio, contro i Saraceni; ed anche il trasferimento dei resti dell’Evangelista da Alessandria, ad opera di due mercanti, dimostra la capacità di andare per mare. Giustiniano cita anche un notevole patrimonio finanziario legato ai commerci per mare ed ai guadagni che sarebbero derivati “de laboratoriis solidis, si salva de navigatione riversa fuerint”: già a quei tempi l’aristocrazia veneziana, anche la più alta, disponeva dunque di capitali di rischio investiti in imprese commerciali – marittime a lungo raggio. Il testamento quindi ci illumina su questa differenza profonda, di struttura economica, di mentalità e di modi di vita, fra la classe dirigente veneziana e quella italiana di terraferma. Si ripensi ora all’organizzazione del territorio durante il periodo romano, e forse anche in precedenza, alle città “coppia”: porto e avanporto che indiscutibilmente ci parlano di un rapporto delle classi egemoni con il mare, con i traffici mercantili, con altri lidi ed altri popoli. La vocazione commerciale di questa aristocrazia, quindi, può essere più antica e la capacità di organizzarsi sulle isole e di correre il mare non miracolosamente improvvisata. Il doge Giustiniano, testando, enumera anche le pietre che possedeva a Jesolo, lasciate per la costruzione del monastero di Sant’Ilario, e quante ne fossero rimaste, insieme al materiale recuperato dalla casa di Teofilatto di Torcello, dovevano servire per la basilica di San Marco: Venezia fu costruita recuperando pure i resti dei vecchi insediamenti caduti in rovina. Quindi registra un’ulteriore volontà che avrà grande importanza nella storia successiva della città: egli ordina alla moglie Felicitas di costruire una basilica nel territorio di San Zaccaria per collocarvi il corpo del beato Marco: “De corpus vero beati Marci Felicitati uxori mee volo ut hedificiet basilicam ad suum honorem infra territorio sancti Zacharie... De petra, que habemus in Equilo, compleatur fedifficia monasterii sancti Illarii. Quicquid exinde remanserit de lapidibus et quidquid circa hanc petram iacet de casa Theophilato de Torcello hedifficetur basilicha beati Marci evangeliste...” Nello stesso anno, l’829, Giustiniano muore di morte naturale e gli succede il fratello Giovanni che era rientrato da Costantinopoli dopo la morte del padre Agnello. Sotto il ducato di Giovanni la costruzione della basilica di San Marco inizia rapidamente e si completa in tempi brevi. Attorno all’anno 831, una vecchia conoscenza , Obelerio, dopo vent’anni rientra dall’esilio e riesce a coagulare attorno a sé la perdurante ostilità della vecchia capitale Malamocco nei confronti del governo realtino. Il gruppo di Obelerio si ribella asserragliandosi a Pellestrina. A costoro si uniscono militari originari di Malamocco, disertori dell’esercito veneziano. La reazione del doge Giovanni è spietata: Malamocco espugnata e bruciata, Obelerio viene decapitato e la sua testa esposta in pubblico a San Martino. Dopo una nuova congiura ordita dal tribuno Caroso, che priva temporaneamente Giovanni del titolo dogale, il colpo definitivo giunge nell’836 quando i Mastalici, famiglia tribunizia realtina, lo catturano e lo costringono a prendere i voti. Si apre la strada ad un nuovo doge: Pietro Tradonico. I nuclei d’insediamento più antichi ai quali si appoggiò l’operazione fondiaria dei Partecipazio dall’812 in avanti, si distribuivano lungo un’asse che va, grosso modo, da San Pietro di Castello (Olivolo), all’area di San Marco, a Rialto e, verso ovest, a Luprio e Cannaregio. Le parrocchie fondate nel IX° secolo sono complessivamente venti, delle quali dodici situate nel nucleo di Rivoaltus: S.Bartolomio (840) e S.Zulian (829) tra Rialto e San Marco; S.Canzian (864), S.Sofia (886) e S.Fosca (873), S.Ermagora e S.Fortunato (810), S.Geremia (813) nel settore nord; S.Paterniano( ) e S.Moisè (797) nel settore a ovest delle Mercerie; S.Procolo (814) con i conventi di S.Severo (820) e di S.Lorenzo (854) nel settore a est delle Mercerie. Le altre otto sorgono in settori diversi: S.Basegio (870) alla Mendigola, S.Daniele (820) di fronte a S.Pietro, sei disseminate lungo la riva destra del Canal Grande: S.Barnaba (809), S.Margherita (837), S.Polo (837), San Simeone Piccolo ( ), S.Silvestro (884), S.Gregorio (897). Venezia alla fine secolo IX° era dunque una costellazione di nuclei dei quali solo una decina raggruppati tra i SS.Apostoli e S.Zaccaria e gli altri sparsi su un’area assai vasta. La popolazione non doveva superare i 25.000 – 30.000 abitanti. Durante la reggenza dei Particiachi si apre una fase di crescita che durerà per molto tempo; i Longobardi non spadroneggiano più e la Venezia insulare sta diventando il nuovo, vero baricentro economico ed accoglie un flusso importante e continuo di nuovi arrivati: sono famiglie e gruppi sociali ad insediarsi sulle isole: bonificano, costruiscono, coltivano, fondano le nuove venti parrocchie. Dobbiamo supporre altri insediamenti di edilizia civile che andava consolidandosi se al tempo del duca Orso Partecipazio (864–881) già si ricercano nuove aree e prende avvio la bonifica della zona di Dorsoduro con “licentiam…paludes cultandi…et domos aedificandi”.

Rivoalto –Nel corso del secolo X° si andavano qui concentrando attività e residenze di famiglie facoltose che prevedevano bonifiche con recinzioni, innalzamento dei terreni golenali, delimitazione dei rii; ancora oggi possiamo facilmente dedurre un tale intervento dalla regolarità dei lotti e dei tracciati viari che distingue tuttora questa parte di Venezia. Nel 1051 la famiglia Gradenigo procedeva, sul terreno di sua proprietà, all’assegnazione di “stationes de beccaria”, cioè di botteghe da macellaio. Nel 1097 un’altra potente e ricca famiglia, gli Aurio o Orio, acquisiva l’autorizzazione della mano pubblica per aprire nella stessa area nuovi “ordines stationum”, cioè nuovi sistemi di botteghe per altre categorie di commercianti. Una vasta depressione paludosa separava Rivoalto dall’area di Luprio all’altezza dell’ansa di Canal Grande, che non era definito e continuo come oggi, ma in certi tratti si “disperdeva” nei pantani; per questo i veneziani continuarono fino al XII° secolo ad attribuirgli nomi diversi nei diversi tratti: Rivoalto, Canale de San Vidal, Canale de Luprio, Canaleclo. La struttura di questo antico nucleo era probabilmente ragguardevole e comprendeva i luoghi di S.Bartolomeo, S.Salvador, Santa Maria Formosa e il mercato; San Marco e forse l’area dei santi Apostoli.

San Marco – Da vari documenti (G.Bellavitis-G.Romanelli – Venezia Ed. Laterza 1985) risulta che le chiese di quest’area, S.Zaccaria, S.Moisè, S.Maria Zobenigo (o Iubianico) e, ovviamente, S.Marco sono state costruite tutte nell’arco di pochi decenni a dimostrare che la lottizzazione dell’area fu realizzata nel quadro di un programma finanziato con criteri unitari. Pare logico supporre che Giustiniano Partecipazio, che visse a lungo a Costantinopoli, ed anzi vi si trovava quando fu eletto doge, avesse ricevuto il mandato di dirottare ingenti capitali greci nell’operazione. L’importanza del “fronte a mare” realizzata da S.Moisè fino a S.Zaccaria può essere difficilmente sottovalutata: non esisteva prima di allora uno scalo mercantile ampio ed attrezzato sui canali principali che, inoltre, aveva alle spalle una grossa lottizzazione omogenea con un impianto a maglia regolare e canali rettilinei, realizzata con opere di bonifica e consolidamento del suolo molto costose. Già dal X° secolo quindi, Venezia si dotava di una banchina mercantile funzionale a navi di qualsiasi tonnellaggio. Suturando la formazione urbana di Rialto con questo nuovo “fronte del porto” i Partecipazio fecero compiere alla città un sostanziale salto di qualità.

Luprio – Il toponimo Luprio, derivato dalla radice “Lup”, probabilmente allude a “suolo emergente da zona paludosa”. Con questo nome nel secolo IX° veniva indicata una zona sull’area dei sestieri S.Polo e S.Croce ed anche S.Marcula, sulla sponda opposta del Canal Grande. Col tempo il toponimo si corruppe in Orio e restò confinato a designare il luogo della chiesa di S.Giacomo dell’Orio, documentata fin dal 979. I due sestieri che si formarono presero poi denominazione dalla chiesa di S.Polo, edificata sicuramente prima del 971, e dal convento benedettino della Santa Croce, documentato nel 774.

Canaleclo – Indeterminata doveva essere la soglia fra acque navigabili e frontiere golenali in corrispondenza dell’attuale innesto del Cannaregio in Canal Grande, a monte del quale si stendevano, forse fino alla terra ferma, le paludi attraversate dal flumen di Mestre. Gli abitanti di Canaleclo difatti, prima insediati a sud del flumen, si espansero poi a nord, risalendone le rive ed acquisendo proprietà fondiarie fino all’area dove sorse il monastero di S. Secondo. Questo monastero risulterà poi collocato su un’isola distante più di 1,5 Km. dalle rive del Canal Grande.