Savorgnan

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Informazioni

Indirizzo Cannaregio 348 - Fondamenta Savorgnan
Stile architett. Barocco
Architetto Giuseppe Sardi

Per alcuni i Savorgnan avrebbero un'ascendenza longobarda, per altri l'origine risalirebbe alla Gens Severa di Roma, più precisamente a quel Severiano di Aquileia che fondò il castello Severiano, in seguito corrottosi in Savorgnan. L'antica famiglia giunse poi a Venezia e nel 1385 il cavaliere Federico Savorgnan fu ammesso al patriziato. Questi molto si indaffarò perché la città di Udine e tutto il Friuli divenissero dominio della Serenissima e forse per tale ragione nell'anno 1387, mentre in chiesa assisteva alla messa, fu fatto uccidere da Giovanni, patriarca di Aquileia. Ma, come ci informa il Tassini, "poco dopo fu vendicato dal figlio Tristano, che ammazzò il patriarca". In ogni caso questo palazzo ci parla dei membri della famiglia nel corso del secolo XVII; nel 1688 i Savorgnan affidarono all'architetto Giuseppe Sardi, probabilmente il proto di famiglia, il progetto per trasformare una casa di loro proprietà, che aveva subito un incendio, in questo palazzo barocco su quattro livelli: due piani nobili, il mezzanino ed il pianterreno. Nel prospetto vengono qui rivisitati motivi del Longhena, accostando con diligenza artigianale il bugnato leggero del basamento alle specchiature a rilievo fra le finestre, o le due serliane dei piani nobili agli eleganti e spiritosi stemmi barocchi. Forse in questo caso il tema dei riquadri aggettanti, risorsa stilistica ricorrente nel palazzo veneziano, resta piuttosto "espediente decorativo" con una pletorica moltiplicazione degli aggetti lineari e soprattutto dei riquadri. Si può ipotizzare che la dimora dei Savorgnan sia stata completata dal Gaspari: non solo la pianta ma anche le soluzioni dei particolari, quali porte, finestre, vetrate policrome, pavimenti elegantissimi con intarsi marmorei floreali, ricordano il gusto di quell'artista e richiamano per analogia il palazzo Zenobio ai Carmini. Il portale di ingresso, che ha linee semplici, apre in un atrio ampio, ripartito da colonne; da qui si poteva entrare nel retrostante giardino considerato uno dei più importanti della città; nel 1752 il giardino fu ulteriormente ingrandito; aumentarono le speci di piante coltivate, fra le quali molte erano quelle rare. Ancora oggi si possono ammirare alcuni Ginko biloba secolari, Celtis australis accanto a maestosi tassi; poi un bell'esemplare di Gleditchia triacanthos (o Spino di Giuda) e un boschetto di Broussonetia papyrifera (o Gelso da carta) pianta dell’Estremo Oriente, inusuale a Venezia. Nel 1788 un grosso incendio danneggiò molto il palazzo che da allora iniziò un lento degrado; dal catasto napoleonico, all'inizio dell'Ottocento, risultava ancora di proprietà del conte Antonio Carlo Savorgnan, che lo affittava; poi nel 1826 fu venduto al barone Francesco Galvagna che, fra il 1835 ed il 1850, lo riporta a nuovo splendore restaurandolo, arredandolo e sistemandovi una prestigiosa collezione d'arte con opere di Giovanni Bellini e di Palma il Vecchio; il giardino fu ingrandito e rimodernato; gli alberi paiono crescere in disordine ma un esame più attento ci dimostra che la collocazione a dimora delle piante non è stata affatto casuale ed il modello richiama i parchi inglesi con ampi tappeti erbosi fra gli alberi. Poi nel 1850 il Galvagna vende la proprietà a Francesco V d'Este, duca di Modena, ma il palazzo cade nuovamente in un totale degrado. Nel 1915 ospita il Convitto femminile della congregazione "Provincia Italiana della Società del Sacro Cuore" con sede in Firenze. Nel 1927 la Società delle Suore del Sacro Cuore passa alla "Società immobiliare l'Alpe", società fiduciaria dell'Istituto religioso. Nel 1969 l'Amministrazione Provinciale di Venezia acquista il complesso immobiliare, lo restaura, ripristinando, dove è possibile, i caratteri originali del Seicento; oggi è sede dell'Istituto Tecnico per il Turismo "Francesco Algarotti". Dopo l'annessione del giardino del vicino palazzo Manfrin l'area verde di 9500 metri quadrati ha assunto forma di due rettangoli affiancati e un po' sfasati, ora adibita a giardino pubblico.

Bibliografia: G.Lorenzetti-Venezia e il suo estuario - (pag.449) Ed.Lint 1974 - TCI - Venezia (pag.488) - G.Bellavitis - Itinerari per Venezia (pag.347) Guide de L'Espresso 1980 - P.Maretto - La casa veneziana (pag.212) Marsilio Ed. 1986 - E.Bassi - Palazzi di Venezia -(101/I°) Ed.La Stamperia-Venezia 1978 - G.Tassini - Curiosità veneziane (pag.581) Filippi Ed. 1990 - M.Brusegan - I palazzi di Venezia (pag.332) Newton Compton 2007 -

Mappa

MAP 45.44402013374595, 12.324258506232582