Marin Faliero

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Giuseppe Tassini nel suo Condanne Capitali in questo modo descrive i fatti accaduti:

Era il giovedì grasso del 1355 e le sale del Palazzo Ducale aprivansi a notturno festino. Michele Steno, giovane patrizio, approfittando della calca, fece uno scherzo indecente a Luigia Gradenigo, giovane sposa del vecchio doge Marin Faliero, o, secondo altri, ad una delle damigelle della corte.

Il Faliero ordinò tosto che il patrizio fosse cacciato dalla sala e questi nell'atto di partire scrisse, per vendicarsi, sopra il seggio del Doge nella Sala del Maggior Consiglio alcune linee lesive il di lui onore maritale.

L'autore del fatto, scoperto, venne condannato, chi dice ad uno, chi a sei mesi di carcere, col bando di tre anni. Ma il Doge, credendo la pena poco proporzionata alla colpa, incominciò a rivolgere cupi pensieri contro l'universo ceto degli ottimati.

Accadde che gli passasse davanti Stefani Giazza, detto Gisello, ammiraglio dell'Arsenale, per lamentarsi dell'alterigia dei patrizi, uno dei quali, cioè Marco Badoer, l'aveva percosso nel volto d un altro, Giovanni Dandolo pagatore alla Camera dell'Armamento, aveva maltrattato pochi giorni prima Bertuccio Isarello padron di nave.

-Che vuoi che ti faccia, rispose il doge, se a me venne resa sì scarsa soddisfazione della patita ingiuria?- A cui l'altro: Serenissimo! siavi ricordato che le bestie maligne si legano, e, se non possono legarsi, si ammazzano.

Capì il Faliero con che uomo parlava e si strinse con lui in replicati colloqui, a cui in seguito vennero ammassi eziandio Bertuccio Faliero, nipote del Doge, Bertuccio Isarello, l'architetto Filippo Calendario, suocero di quest'ultimo ed alcuni altri.

Si stabilì di venire ad un colpo decisivo e si fissò il giorno 15 aprile 1355 allo scopo di levare a rumore il popolo, uccidere i nobili e gridare il Faliero assoluto signore di Venezia.

Volle però il destino che un Beltrame, pellicciajo bergamasco, ed un Marco Negro, ambedue congiurati, sentendo pietà d'alcuni patrizi loro padroni, li pregassero nel giorno fatale a non uscire di casa ed interrogati, svelassero, a poco a poco, ai medesimi la trama.

Ne fu tosto avvertito il Consiglio dei X, che ordinò un generale armamento della città, fece venir truppa di Chioggia e seppe operare con tale sollecitudine e destrezza d'aver in mano i principali capi dei faziosi, alcuni dei quali venner appesi alle forche, altri banditi.

Si passò quindi anche all'arresto del Faliero, che il 17 aprile del citato anno 1355 fu condannato alla decapitazione sul pianerottolo della scala ove i Dogi soleano giurare osservanza alle leggi della patria.

Colà tratto senza ducali ornamenti, ma in nera vesticciola, confessò, dicesi ad alta voce il proprio delitto e morì chiedendo perdono al popolo affollato. Allora, come racconta qualche cronaca, presa da uno dei capi del Consiglio dei X la spada fumante di sangue, venne brandita con le parole E' stata fatta la gran giustizia del traditore.

Il di lui corpo ebbe sepoltura ai SS. Giovanni e Paolo nella cappella della Madonna della Pace.