Palazzo Smith Mangilli Valmarana
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Informazioni
Indirizzo | Cannaregio, 4392 Strada Nova |
Stile architett. | Neoclassico |
Architetto | A.Visentini |
Completamento | 1753 |
Dove oggi vediamo palazzo Smith c'era un palazzo trecentesco che era appartenuto ai Trevisan fino al 1666 e poi alla famiglia Ceffis; qui i Williams, banchieri londinesi, avevano la loro sede in affitto per trattare affari sulla piazza veneziana. Nell'anno 1700 giunse presso di loro, dal Regno Unito, Joseph Smith, per fare pratica bancaria. A quel tempo lo Smith, che morirà quasi centenario, aveva solo 26 anni e molta voglia di imparare, non solo la pratica bancaria ma anche la cura di operazioni commerciali sui vini italiani, il grano, il pesce secco e, soprattutto, l'uva sultanina, ricercata dagli inglesi per preparare i tradizionali puddings. Vent'anni dopo, nel 1720 i Williams lasciarono Venezia e lo Smith continuò l'attività economica mantenendola nella stessa sede. Rimasto il solo intestatario dell'azienda, Smith cominciò ad interessarsi di oggetti d'arte, dapprima come intermediario per conto di collezionisti inglesi, poi esercitando in proprio e rivelandosi un mercante d'arte appassionato, con una profonda competenza, ma anche assai spregiudicato nel condurre affari, specie se a discapito di persone ingenue o sprovvedute. Così accadde anche quando i Ceffis posero in vendita il palazzo: la nobildona Elena Balbi fece valere un suo vecchio diritto di prelazione, ma, per la precaria condizione patrimoniale in cui versava, fu costretta ad accettare il prestito di 6500 ducati che lo Smith le fece, convinto che mai sarebbe riuscita a rendergli. Infatti dopo qualche tempo la signora, messa alle strette e non potendo onorare il suo debito, fu obbligata a sottoscrivere un atto notarile che riconosceva la proprietà dell'immobile allo Smith.
Nel 1740 lo Smith divenne anche il Console inglese a Venezia e poco dopo decise di rinnovare la sua abitazione affidando all'amico Antonio Visentini il compito di "ammodernarla".
Il Visentini, poliedrico intellettuale, incisore, pittore, erudito in architettura, ridisegnò il palazzo secondo i canoni classici dell'epoca e tuttavia mantenendo le dimensioni dell'antica casa gotica. I lavori terminarono nel 1753: un piano nobile con cinque finestre ornate da timpani, colonne e lesene, un mezzanino, il pianterreno ed il portone centrale con timpano che si apre su una breve, graziosa fondamenta privata delimitata da balaustra. Nell'insieme un prospetto di gradevole dignità a qualificare un palazzo divenuto nei decenni centrali del secolo un riferimento importante per artisti, uomini e donne di cultura, nobili impegnati nelle istituzioni veneziane.
Lo Smith, mercante e committente di opere d'arte, fu anche grande mecenate ed insostituibile motore della cultura "nuova" in Venezia; nel suo palazzo raccolse personalità quali Carlo Lodoli, Giovanni Poleni professore all'Università, Andrea Memmo, Canaletto, del quale negli anni trenta divenne suo agente esclusivo, e Tiepolo e G.B.Piazzetta, Gregorio Lazzarini, ma anche Apostolo Zeno, l'Algarotti, Carlo Goldoni, Scipione Maffei e lo stesso Antonio Visentini a cui commissionò le tavole dell'"Admiranda Urbis Venetae". Sosteneva il lavoro di molti giovani intellettuali, aiutò il Pasquali e molto si avvalse del suo lavoro di stampatore in Campo San Bartolomio. Dalla sua storica stamperia, che si chiamava "La felicità delle lettere" uscirono opere di Voltaire, Linneo, Rousseau, Diderot ed anche libri proibiti: del Macchiavelli e del Parini o scritti su Paolo Sarpi. In questo palazzo si tennero anche riunioni "politiche" nascoste sotto il titolo di incontri artistici, esse vedevano la partecipazione di intellettuali progressisti non solo italiani e di artisti: fra gli ammessi c'erano Pietro Longhi, la Rosalba Carriera, Francesco Zuccarelli, Ricci, il Canaletto ma non Giambattista Tiepolo o Francesco Guardi "asserviti" al patriziato veneziano.
Il console, che aveva sposato la cantante Caterina Tofts nota soprattutto in Inghilterra per i successi ottenuti ed assai ben provvista di danaro, resterà vedovo all'età di ottant'anni e morirà nel 1770 a 96 anni.
Nel 1775 il palazzo ai Santi Apostoli viene venduto a Caterina Da Mula Pisani e nel 1784 è acquistato dal conte Giuseppe Mangilli che lo ingrandisce e lo innalza di due piani affidando il progetto a Gianantonio Selva. L'interno, che pure è allestito dal Selva, ancora oggi conserva il più lussuoso ambiente in stile neo-classico a Venezia.
Nel 1775 il palazzo ai Santi Apostoli viene venduto a Caterina Da Mula Pisani e nel 1784 è acquistato dal conte Giuseppe Mangilli che lo ingrandì e lo innalzò di due piani affidando il progetto a Gianantonio Selva. L'interno, che pure fu allestito dal Selva, ancora oggi conserva il più lussuoso ambiente in stile neo-classico a Venezia.
Bibliografia: G.Lorenzetti - Venezia e il suo estuario(pag.635) - Ed.LINT-1974; TCI - Venezia - Guida Rossa (pagg.170e484); A.Zorzi - Canal Grande(pag.165)- Rizzoli-1999; L.Bassi - Palazzi di Venezia (pagg.9e16) - La Stamperia di Venezia Ed. 1976 - M.Brusegan - I Palazzi di Venezia(pag.335) - Newton Compton Ed. 2007
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Categoria: Palazzi