Zen

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Informazioni

Indirizzo Cannaregio, 4925-22, Fondamenta Santa Caterina
Architetto Sebastiano Serlio

La famiglia Zen, veneziana da antichissima data, viene ricordata per Carlo Zen, ammiraglio nel Trecento ed anche per i suoi navigatori del XIV° secolo: i due fratelli Nicolò ed Antonio che, con una nave armata a loro spese, verso la fine del Trecento partirono per le Fiandre, naufragarono alle isole Faeroer, allora sconosciute in Europa. Da qui, sollecitati dai racconti dei pescatori scandinavi che narravano di altre terre a occidente, si avventurarono ancora sull'Oceano raggiungendo la Groenlandia e da lì scoprirono il Drogeo, cioè descrissero il Labrador e la costa americana, anticipando di un secolo Cristoforo Colombo.
Qui, sulla fondamenta, gli Zen, ramo dei Crosechieri, possedevano, una “casa da statio” con cortile e orto nella quale, attorno al 1460, risiedeva Caterino Zeno, il Cavaliere. Poi suo figlio Pietro nel 1509 aveva acquistato un paio di abitazioni contigue a quella paterna e nel 1533 dava avvio ai lavori di ristrutturazione di tutta l’area con l’intenzione di costruire un palazzo suddiviso in quattro appartamenti per i quattro figli: Vincenzo, Giovan Battista, Francesco e Caterino. Sarà Francesco a disegnare il progetto di questa Cà Zen, insolita per dimensioni e per un linguaggio all’apparenza dilettantesco eppur di fascino; larga quinta teatrale che incornicia il profondo palcoscenico dei Gesuiti.
Ma nulla vi è di casuale nelle sue forme e Francesco Zen, uomo di profonda cultura, anche quando concepisce la residenza della famiglia vuole esprimere "quell'aurea mediocritas", ormai uno stile di vita per quella nobiltà veneziana illuminata che non ama esibire le proprie ricchezze, alternativa alla nobiltà romana e papalina, che non concepisce palazzi "invasivi" quali il Loredan o il Grimani, che ritiene di dover evitare le guerre, disapprovando atteggiamenti aggressivi verso i popoli dell'Oriente con i quali, peraltro, molte famiglie patrizie intrattengono commerci redditizi.
Il vecchio Caterino, il padre di Pietro, era divenuto pronipote dell'ultimo imperatore greco di Trebisonda e quando la nipote dell'imperatore, Despina Katerina, sposa lo Scià di Persia Uzun Hasan, viene inviato nel 1473 presso quella corte sfruttando le sue buone entrature e la lunga esperienza mercantile. Il viaggio gli procurerà grande fama al suo ritorno a Venezia, oltre che buoni guadagni. In seguito questo servizio per la Repubblica fu proseguito da Pietro: dal 1523 per dieci anni lo troviamo a Costantinopoli in qualità di oratore veneziano alla corte ottomana, dove entrerà in ottimi rapporti con il Gran Visir Ibrahim Pascià e poi anche con il Grande Solimano che vorrà stendere i suoi elogi in una lettera alla Serenissima.
Cà Zen rappresenta perciò anche una dichiarazione di amicizia verso la civiltà araba resa esplicita dai richiami architettonici: Francesco aveva accompagnato il padre Pietro a Costantinopoli presso Solimano il Magnifico ed era uno dei pochissimi europei ad aver potuto visitare Santa Sofia e le antiche cisterne della città, delle quali descriverà la struttura architettonica. L'impatto con quel mondo per Francesco fu sicuramente di fascinazione ed il palazzo di famiglia richiama l’incontro tra Oriente e Occidente. Non può essere fortuito il soggetto, pur poco leggibile per l’annerimento della pietra d’Istria, di alcuni tra i bassorilievi che decorano il piano inferiore della cornice di coronamento: scene dove si vedono cammelli e palmeti accanto a torri o porte di città.
La famiglia Zen fu espressione di cultura nella vita politica della Serenissima ed il suo ruolo nel Cinquecento veneziano è indubbio, particolarmente sotto il dogado di Andrea Gritti. Pietro Zen, con il figlio Caterino e il nipote Nicolò, emergono tra i protagonisti della vita pubblica; Caterino frequenta assiduamente la Compagnia dei Cortesi della quale fanno parte anche Francesco Badoer e Zorzi Loredan (Villa palladiana di Fratta Polesine); Francesco, con Gabriele Vendramin, Marcantonio Michiel e Alvise Cornaro è uno dei quattro “intendenti” di architettura che il Serlio ricorda nel panorama della “renovatio” veneta.
Francesco nel 1538 muore. Francesco, uomo compiutamente rinascimentale, cultore di scienze e di arti ci piace ricordarlo quando nel 1531 aveva fatto costruire dagli orafi veneziani "un anello d'oro sopra il qual è un horologio bellissimo, qual lavora, dimostra le ore et sona" (Marino Sanudo - I Diari).
Il progetto della cà Zen, pur prevedendo ormai tre sole abitazioni, mantiene il prospetto con i quattro portali; un disegno dell’epoca prova che le due porte centrali davano accesso entrambe alla casa di Messer Vincenzo Zen. La facciata, lunga 50 metri, in origine decorata con affreschi dello Schiavone e del Tintoretto, oggi completamente distrutti, mostra nel secondo ordine di finestre una sequenza ritmica su base ternaria (attualmente meno leggibile per l’accecamento di un certo numero di aperture) data dall’alternarsi di finestre a lunetta a tutto sesto e di finestre di un bizzarro stile gotico con arco a estradosso e intradosso cuspidato.
Certo si tratta di un unicum, ma non uscito in modo casuale, se è vero che il vecchio Pietro richiese espressamente la fedele esecuzione del disegno del figlio Francesco nelle sue ultime volontà, dettate prima di intraprendere un viaggio per conto di Venezia verso la corte del Gran Turco, durante il quale troverà la morte in Bosnia nel 1539. Riteniamo sia evidente che l’intenzione di ricordare la singolarità, oltre che la grandezza della stirpe Zen, deve essere fra i motivi centrali, pur se non il solo, della straordinaria unicità del palazzo. Ed infatti Pietro Zen, testando, dispone anche che fossero dipinti sulle pareti esterne del palazzo "tutti i fati notabili del quondam Messer Carlo Zen [1334 - 1418], che fece per la Repubblica": un uso esplicito della stessa casa per aggiungere lustro alla famiglia.

Bibliografia: TCI - Venezia - Guida Rossa (pag.507); G.Lorenzetti - Venezia e il suo estuario(pag.399) - Ed.LINT - 1974; G.Tassini - Curiosità veneziane (pag.706) - Filippi Ed.-1988; M.Tafuri - “Renovatio urbis”-Venezia nell’età di Andrea Gritti (pag.205) - Officina edizioni- 1984 ; G.Fuga L.Vianello – Corto Sconto(pag.30) - Lizard Ed. 1998; A.Zorzi - Una città una Repubblica un Impero (pag.200-201)- Mondadori 1999 ; M.Brusegan - I Palazzi di Venezia(pag.368) - Newton Compton Ed. 2007;


Mappa

MAP 45.44290606553394, 12.337894856864295