Campo Santa Maria Mater Domini

Da Venicewiki, il wiki di Venezia

Campo Santa Maria Mater Domini è un piccolo campo nel Sestiere di Santa Croce n el quale sono condensate le tipologie di costruzioni rinascimentali che ancora si trovano girando per Venezia.

Si svolge tutto intorno alla vera da pozzo centrale che nasconde la tipica cisterna d'acqua dolce nella città circondata d'acqua salata, dalla quale si estraeva l'acqua filtrata attraverso la sabbia contenuta nella cisterna, acqua che era, naturalmente, l'acqua piovana che gocciolava dalle feritoie delle forine poste intorno al pozzo.
La gente si affacciava sul campo dalle ampie finestre delle quali si hanno i migliori esempi concentrati in un unico luogo.
La Quadrifora a tutto sesto in stile orientale o Veneto-bizantino si trova su una facciata completamente con mattoni a faccia a vista, sormontata da numerose formelle paleocristiane, con croci ed animali.

Proprio di fronte un'altra Quadrifora, questa volta in classico stile Gotico Veneziano, con l'arco a sesto acuto, con lo stemma di casada scalpellato durante la poco popolare l'occupazione austriaca.

Questa Quadrifora si trova sopra il portone d'ingresso di un unico corpo di palazzo che dalla parte affacciata sul campo ad un solo piano, si alza fino al terzo nella calle di fronte alla Chiesa di Santa Maria Mater Domini.

A chiudere il campo un'altra costruzione maestosa che associa una Pentafora, parzialmente tamponata, in stile Gotico Veneziano al primo nobile, circondata da marmi pregiati e da lavorazioni particolari a scacchi chiari e scuri, con un'altra in stile rinascimentale, con archi a tutto sesto e capitelli solo nel foro centrale.

Distraggono la vista la presenza di tavoli e sedie dei due bar che si affacciano sul campo, ma in un luogo così incantevole è sicuramente piacevole passare alcuni minuti sorseggiando un caffè o il tipico spritz.

Giuseppe Tassini nel suo Curiosità Veneziane lo descrive in questo modo:

Ponendosi al centro del campo, vicino alla vera quattrocentesca, e con le spalle al ponte, alla nostra sinistra si erge Ca' Zane: il tipico tetto ligneo sporgente, il mattone a vista, gli archi moreschi del finestrato e le varie patere e croci decorative datano l'edificio agli inizi del duecento. Le patere, così chiamate per la forma rotonda che ricorda le ciotole usate per raccogliere il sangue durante i sacrifici pagani, presentano al loro interno interessanti soggetti, con una loro propria simbologia: grifoni, leporidi e aquile.
Il grifone è il mostro favoloso con testa, ali e artigli d'aquila; il corpo e le zampe posteriori sono di leone. La sua immagine fu molto usata perché esso univa le qualità dell'aquila, come la vigilanza, a quelle del leone, come forza e coraggio. Nel mondo cristiano indica le duplice natura di Cristo: l'aquila la natura divina e il leone la natura umana. La simbologia e la credenza popolare non distinguono la lepre dal coniglio, ecco perché si generalizza con il termine di leporidi. Il loro valore simbolico è legato alle caratteristiche reali o leggendarie; timidezza, prolificità, lasciva. Se posti ai piedi della Vergine simboleggiano il trionfo della castità.
Di fronte al ponte, Ca' Viaro-Zane: l'arco acuto del finestrato centrale, anch'esso decorato con patere, permette di inserire l'edificio nell'edilizia trecentesca; sul davanzale, al cento, si trovava un leone andante, rappresentato in un disegno del Grewembroch, scalpellato nel 1797.

A destra Ca' Barbaro, con quadrifora gotica trecentesca, priva fi poggiolo. Lo stemma quattrocentesco in pietra d'Istria è stato scalpellato, ma è sopravvissuta la ricca cornice quadrilobata a foglie d'alloro dove nel cartiglio, sul lobo inferiore, ancora si può leggere: MALO MORI Q(UAM) FEDARI, ( preferisco morire piuttosto che tradire, contaminarmi). Era il motto di una delle tante Compagnie della Calza presenti in città e presente anche in un dipinto del Carpaccio "Ritratto di cavaliere", collezione Thissen.

Le Compagnie della Calza erano formate da giovani gentiluomini che avevano voglia di divertirsi e divertire. Vestivano con giubbotti in seta, maniche tagliate e legate da nastri per far notare l'elegante camicia sottostante e calze bianche o colorate che servivano ad identificare la compagnia di appartenenza. Gli Accesi portavano disegnato sulla calza un leone con un serpente attorcigliato al collo; i Floridi avevano la calza destra metà rosso paonazzo e metà scarlatta e la sinistra tutta verde; i Reali avevano la calza sinistra azzurra e paonazza e un ricamo con il motto Al ciel s'erga il dolce nome; i Modesti avevano una calza del colore di una rosa secca. Altre compagnie furono gli Eterni, i Fausti, gli Immortali e i Gelosi, questi ultimi si esibirono a fine cinquecento nella Sala del Maggior Consiglio a Palazzo Ducale.
La carrellata di palazzi prosegue oltre,il ponte: sul rio si affacciano a destra Palazzo Gozzi e a sinistra Palazzo Manzoni.
I Gozzi erano inizialmente mercanti di seta e a loro si deve La costruzione del palazzo a metà del cinquecento. Nel 1700 vi abitarono Gaspare e Carlo Gozzi; in particolare Carlo ricorda spesso questa sua dimora nel testo "Memorie inutili della mia vita".
Palazzo Manzoni è caratterizzato dalla presenza di teste marmoree sull'arco a tutto sesto del portale d'acqua e nella chiave di volta delle finestre: questo è un tipico particolare decorativo del seicento. I Manzoni, abili commercianti in ferro, ottennero la nobiltà veneziana nel 1687 e abitarono in questo palazzo fino al 1800.
Un campo, Santa Maria Mater Domini, ricco di abitazioni prestigiose, dove la chiesa assume una posizione marginale. La facciata infatti si trova nella calle a destra di Palazzo Viaro-Zane.
Di antica fondazione, l'attuale edificio religioso fu costruito nei primi anni del 1500, ma ancora controversa e irrisolta l'attribuzione del progetto. Si sono fatti i nomi di Pietro Lombardo, di Giovanni Buora, di Mauro Codussi e di Jacopo Sansovino. Indubbiamente la sua eleganza e nitidezza interna la avvicinano ad opere di Codussi, come la Chiesa di Santa Maria Formosa.
Il campanile risale al 1743, quando crollò quello cinquecentesco.

Tra la chiesa e il Palazzo Viaro-Zane si nota uno stipite di bottega: l'architrave lignea è sostenuta da tre pilastri dove si trovano la Vergine incoronata che regge il Bambino con ai lati la data MDLXXV e il monogramma M sormontato da corona.
Questi piccoli particolari indicano una proprietà della Scuola di Santa Maria della Misericordia il cui simbolo è la lettera M coronata. Secondo Franzoi l'architrave sarebbe un resto di struttura lignea posta davanti al portico della vecchia chiesa. Il 24 aprile 1488 infatti il Consiglio dei X, dato che il portico durante la notte diventava ricettacolo di imprese disoneste, decretò che fosse cinto da tavole e dotato di una porta da chiudere subito dopo mezzanotte.

Dove si trova