Ponte dei Squartai
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- | Si chiama '''Ponte dei Squartai''' perchè questo era quel luogo prestabilito nel quale si esponeva ''un quarto'' del condannato a questa orrenda fine. | + | [[Immagine:Nisioleto Ponte Squartai.jpg|450px|right]]Si chiama '''Ponte dei Squartai''', ''Ponte degli Squartati'', perchè questo era quel luogo prestabilito nel quale si esponeva ''un quarto'' del condannato a questa orrenda fine, come si intravvede sul [[Nizioleti|Nisioleto]] a fianco riportato. |
- | Nel libro '''Condanne Capitali''' [[Giuseppe Tassini]] narra alcune delle più efferate condanne inflitte a colpevoli confessi e tra queste la vicenda di un Giovanni Schiavo che la notte del 26 novembre 1370 uccise il Vescovo di Eraclea, Domenico Gaffaro, suo datore di lavoro, impossessandosi di anelli d'oro, denari ed altri oggetti, ma venne catturato e a [[Santa Croce]] gli venne amputata la mano destra. Portato a [[Rialto]] gli vennero inflitti quattro morsi di tenaglia che strinse e divelse le sue carni , uno per ogni arto. | + | Le condanne capitali erano una delle pene più diffuse nel caso in cui il reo avesse commesso reati orrendi o contro la persona. Per essere da esempio contro condotte criminose, venivano esposti alla pubblica vista, a monito del reato commesso, i resti del malcapitato. Questo spesso veniva prima torturato con taglio della mano o ''cavati'' gli occhi, portato in mezzo alle due [[Colonne di Marco e Todaro]], giustiziato con mazza (mazzato), o impiccato. Poi veniva attaccato a quattro cavalli che tiravano da parti opposte. Le parti che si staccavano venivano quindi esposte ai ''quattro cantoni'' della città a monito per tutta la popolazione. |
- | Dopo di ciò venne tratto tra le colonne della [[Piazzetta San Marco]]. Torturato quindi con altri due morsi di tenaglia al petto ed alle cosce, successivamente accoppato, metodo molto in voga in quel periodo, vale a dire colpito con forza alla base della testa, la cosiddetta ‘’coppa’’, con un pesante maglio di legno, e finalmente ridotto a quarti che penzolarono per alcuni giorni sulle forche innalzate in quel sito e poscia attaccate fino a consumazione nei luoghi consueti. | + | Nel libro '''Condanne Capitali''' [[Giuseppe Tassini]] narra alcune delle più efferate condanne inflitte a colpevoli confessi e tra queste la vicenda di un ''Giovanni Schiavo che la notte del 26 novembre 1370 uccise il Vescovo di Eraclea, Domenico Gaffaro, suo datore di lavoro, impossessandosi di anelli d'oro, denari ed altri oggetti, ma venne catturato e a [[Santa Croce]] gli venne amputata la mano destra. Portato a [[Rialto]] gli vennero inflitti quattro morsi di tenaglia che strinse e divelse le sue carni, uno per ogni arto.'' |
+ | ''Dopo di ciò venne tratto tra le colonne della [[Piazzetta San Marco]]. Torturato quindi con altri due morsi di tenaglia al petto ed alle cosce, successivamente accoppato, metodo molto in voga in quel periodo, vale a dire colpito con forza alla base della testa, la cosiddetta ‘’coppa’’, con un pesante maglio di legno, e finalmente ridotto a quarti che penzolarono per alcuni giorni sulle forche innalzate in quel sito e poscia attaccate fino a consumazione nei luoghi consueti.'' | ||
- | + | Come detto questi luoghi erano quattro, cioè il primo verso [[Chioggia]], il secondo verso '''Padova''', il terzo verso '''Mestre''', relativo al ponte in questione, ed il quarto verso San Nicolò del [[Lido]]. | |
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Le condanne capitali erano una delle pene più diffuse nel caso in cui il reo avesse commesso reati orrendi o contro la persona. Per essere da esempio contro condotte criminose, venivano esposti alla pubblica vista, a monito del reato commesso, i resti del malcapitato. Questo spesso veniva prima torturato con taglio della mano o cavati gli occhi, portato in mezzo alle due Colonne di Marco e Todaro, giustiziato con mazza (mazzato), o impiccato. Poi veniva attaccato a quattro cavalli che tiravano da parti opposte. Le parti che si staccavano venivano quindi esposte ai quattro cantoni della città a monito per tutta la popolazione.
Nel libro Condanne Capitali Giuseppe Tassini narra alcune delle più efferate condanne inflitte a colpevoli confessi e tra queste la vicenda di un Giovanni Schiavo che la notte del 26 novembre 1370 uccise il Vescovo di Eraclea, Domenico Gaffaro, suo datore di lavoro, impossessandosi di anelli d'oro, denari ed altri oggetti, ma venne catturato e a Santa Croce gli venne amputata la mano destra. Portato a Rialto gli vennero inflitti quattro morsi di tenaglia che strinse e divelse le sue carni, uno per ogni arto.
Dopo di ciò venne tratto tra le colonne della Piazzetta San Marco. Torturato quindi con altri due morsi di tenaglia al petto ed alle cosce, successivamente accoppato, metodo molto in voga in quel periodo, vale a dire colpito con forza alla base della testa, la cosiddetta ‘’coppa’’, con un pesante maglio di legno, e finalmente ridotto a quarti che penzolarono per alcuni giorni sulle forche innalzate in quel sito e poscia attaccate fino a consumazione nei luoghi consueti.
Come detto questi luoghi erano quattro, cioè il primo verso Chioggia, il secondo verso Padova, il terzo verso Mestre, relativo al ponte in questione, ed il quarto verso San Nicolò del Lido.
Categoria: Ponti