Campo Santo Stefano

Campo Santo Stefano è un ampio spazio aperto quasi al centro della città ed è uno dei più conosciuti campi di Venezia per la sua posizione nel contesto urbano, vale a dire nel percorso che si svolge, di solito di ritorno, da Piazza San Marco verso il Ponte dell’Accademia per Piazzale Roma.

Viene descritto, in alcune cartine stradali, come Campo Francesco Morosini per la dimora del grande condottiero veneziano che insiste sul campo, ma questo alcune volte lascia perplessi i turisti, ma più frequentemente i veneziani.
Circondato da numerosi e notevoli palazzi, due fra tutti Palazzo Morosini e Palazzo Loredan, è una scenografia a cielo aperto, tanto è vero che prima di Natale in questo spazio viene preparato il mercatino natalizio con numerose bancherelle di prodotti artigianali locali e gustose leccornie gastronomiche da tutta Italia, in un contesto di musiche soffuse e alberi natalizi e luci scintillanti, mentre durante il Carnevale viene organizzata una fiera chiusa, un rifacimento, in piccolo, del proscenio che veniva costruito in Piazza San Marco per la Festa della Sensa.

Venezia: campo Santo Stefano

Nella grande Chiesa di Santo Stefano, caratterizzata dal soffitto ligneo a Carena di Nave, ci sono numerose opere di notevole valore artistico, come tre tele del Tintoretto, la stele funeraria di Giovanni Falier, senatore della Repubblica Serenissima, opera di Antonio Canova e la tomba, con sigillo ducale, del doge Francesco Morosini.

Esternamente non si può non notare il piccolo, ma pregevole, campanile a vela a destra sulla sacrestia della chiesa, quasi sormontato dal campanile inclinato del chiostro del convento di Santo Stefano, posizione inclinata che viene meglio apprezzata dal vicino Campo Sant’Angelo.

 

Proprio per la sua ampiezza, si presta a piacevoli soggiorni seduti ai tavolini dei numerosi caffè che aggettano sul campo, ma d’estate si apprezza molto anche il fresco biancore del monumento dedicato a Niccolò Tommaseo, conosciuto anche dai veneziani come El Cagalibri, soprannome non molto affettuoso nei confronti del famoso letterato, ma efficace nel descrivere come l’artista che compì l’opera sia riuscito a sostenere il peso della massa corporea del soggetto irrobustendo le gambe con numerosi volumi che sembrano uscire da sotto l’ampio pastran del letterato.