I Dogi di Venezia
Dalla nascita della Repubblica di Venezia uno dei momenti principali era la nomina del suo capo, il Doge che, con il passare degli anni e dei secoli, diventava sempre più una figura di riferimento, ma con sempre meno poteri, proprio per cercare di non concentrare su una sola persona il potere dello stato.
A questo scopo la nomina subiva un percorso molto complicato e parzialmente legato al caso, quando tra i componenti del Maggior Consiglio si estraevano a sorte, nel testo dell’Albrizzi si indica con scelgono la estrazione a sorte, e a elezioni. Elezioni ed estrazioni si alternavano proprio per dare sempre meno la possibilità di manovrare l’elezione del Doge da parte dei patrizi che componevano il Maggior Consiglio.
Ne Il forestiero Illuminato di Giambattista Albrizzi del 1772, così viene descritta l’elezione della carica più importante dello Stato di Venezia:
Il Doge, la cui maestà ve di pari colla reale dignità, essendo riguardato come il Principe della Repubblica, fornito e dei titoli e degli onori, ma che da se stesso non ne ha l’autorità, non essendo anzi considerato e riconosciuto Doge se non quando si ritrova alla presenza del Senato, o quando assiste ai Consigli nel Palazzo Ducale di San Marco.
La sua elezione si fa in questo modo.
Il Maggior Consiglio elegge trenta Nobili, i quali eleggono altri dodici, che debbono eleggerne altri venticinque, ma con nove voti almeno per ciascheduno.
I venticinque ne scelgono nove, e questi tornano ad eleggerne quarantacinque, con sette voti almeno per cadauno.
I quarantacinque ne eleggono undici, i quali con nove voti almeno per ciascheduno, vengono alla elezione di XLI, tutti superiori di età ai trent’anni; e questi eleggono il Doge con venticinque voti almeno concordi nella elezione di Lui.
In niuna delle dette elezioni possono scegliere alcuno del suo corpo, fuori del XLI, il quale può eleggere Doge uno del suo corpo.
Successione dei Dogi