Campo
Il Campo a Venezia è la parte larga della strada pubblica che in tutte la altre parti del mondo si chiama Piazza. Le uniche Piazze a Venezia sono Piazza San Marco e Piazzale Roma.
In questi slarghi i ragazzi si ritrovano dopo la scuola a giocare, molto spesso anche con il pallone, anche se il Regolamento di Polizia Urbana ne vieterebbe lo svolgimento.
La definizione Campo non è casuale. Effettivamente nei tempi antichi in queste aree si coltivavano le verdure come in ogni altra campagna. Perfino la parte più lontana dalla Basilica di San Marco della Piazza San Marco era anticamente un campo coltivato. Era di proprietà delle monache della Chiesa di San Zaccaria, diviso dalla Piazza vera e propria dal Canale Botario. Nel campo crescevano alberi da frutto e venivano piantate numerose colture. Il diminutivo di Campo è Campiello, nel senso di piccolo campo.
La topografia della città è molto semplice nel suo insieme. Vicino ad una chiesa, di solito di fronte, ma non necessariamente, c’è il campo. Se nel Campo non si trova una chiesa sicuramente questa prima dell’arrivo di Napoleone a Venezia c’era, ma è stata demolita dell’invasore. Alcuni esempi: Campo Sant’Agostin, Campo San Stin, Campo Santa Maria Nova, Campo San Boldo, Campo Manin, Campo Sant’Angelo.
La chiesa, nel maggior numero dei casi, pone la facciata principale aggettante sul rio, così che qualsiasi funzione, Battesimo, Matrimonio, Funerale o la festività del Santo Patrono, permetteva l’accesso dall’entrata principale agli invitati che potevano arrivare con le proprie imbarcazioni private alla funzione.
Spesso vicino ad una Chiesa c’era il suo cimitero. In alcuni campi sono ancora visibili le testimonianze dell’uso passato. Per esempio a in prossimità della Chiesa di Santo Stefano c’è il Campiello dei Morti, una zona sopraelevata rispetto la viabilità normale di oltre un metro ed il nome è testimonianza dell’uso dell’area. Nelle vicinanze della Chiesa di San Giacomo dall’Orio c’è il Campiello dell’Anatomia, dove venivano eseguite le autopsie, mentre i cadaveri venivano sepolti nello spazio attualmente usato come oratorio, in veneziano patronato.
Solo con l’arrivo di Napoleone tutti i morti vennero sepolti lontano dalle abitazioni in un’isola non distante dalle città, ma nello stesso tempo non così vicina da poter creare disagi o contagi al popolo veneziano. L’isola, che attualmente è il cimitero veneziano, era composta da due distinte isole allora divise da un piccolo canale, l’Isola di San Michele e l’Isola di San Cristoforo.
In ogni campo si trovano immancabilmente i pozzi, uno o qualche volta più di uno, permettevano alla popolazione di avere acqua potabile in una città completamente circondata dall’acqua salata.
La parte esterna, quella che emerge dal livello stradale, le vere da pozzo, sono solo la parte terminale di una complessa costruzione fatta in modo tale da far filtrare l’acqua piovana che cadendo a terra entra nelle caditoie, viene filtrata da sabbia fine e rimane intrappolata in questa specie di cisterna da un involucro di creta, che non permetteva né l’uscita dell’acqua dolce né l’entrata dell’acqua salata.
Per ogni pozzo esisteva un responsabile che doveva chiudere ogni notte la vera, verificare che nessun malintenzionato potesse sporcarla o addirittura avvelenarla mentre durante le acque alte doveva tamponare le forine perché l’acqua potabile non si inquinasse di acqua salata.
Molti sono anche i palazzi che possedevano ed ancora esistono pozzi interni alle corti private. I pozzi interni raccoglievano le acque meteorologiche comprese quelle provenienti dalle falde dei tetti, che, attraverso gli scarichi pluviali, portavano l’acqua nel cortile e quindi nel pozzo.
I costruttori dei palazzi erano consapevoli della funzione che i tetti avevano nella raccolta delle acque per la sopravvivenza delle famiglie che avrebbero abitato gli edifici, quindi costruivano le abitazioni considerando che non avrebbero dovuto sprecare questa risorsa così preziosa. Venivano così costruite le gorne con pendenze verso l’interno dell’edificio da portare l’acqua al pozzo di casata.
In questo modo le facciate principali dei palazzi risultano pulite, senza fastidiosi incolonnamenti verticali, senza gocciolatoi che sporcavano e inumidivano le facciate, mantenendo in questo modo inalterate le linee di costruzione e preservando gli affreschi che spesso ornavano le facciate.